Differenze tra le versioni di "Uno spettro si aggira per la Rete"

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Versione attuale delle 16:50, 21 set 2015

La prima rivoluzione del ventunesimo secolo

Stiamo per essere travolti dalla prima rivoluzione del ventunesimo secolo. Questa rivoluzione si chiama Software Libero.

Da più di vent'anni ormai sono state poste le basi di un modello di sviluppo della tecnologia e di diffusione del sapere che oggi è pronto per cambiare il mondo (almeno un po'). L'innovazione portata da quest'idea modifica il meccanismo di produzione del software. Se l'innovazione fosse stata nella produzione di ombrelloni da spiaggia, sarebbe stata importante per le vacanze di noi tutti; se avesse trasformato il modo di coltivare le rose, avrebbe avuto grosse ripercussioni sulla festa di San Valentino. L'innovazione che stiamo osservando si applica invece al software e questo fa la differenza.

Come la vecchia canzone la quale diceva che «per fare tutto ci vuole un fiore» dobbiamo ammettere invece che «per fare tutto ci vuole il software». Nessuno di noi può dire di non utilizzare software: mentre si beve un bicchiere d'acqua si utilizza (indirettamente) il software di produzione e di controllo di qualità della bottiglia (di vetro o di plastica che sia), il software dei macchinari di controllo e di analisi dell'acqua, quello del distributore che consegna a tutti i negozi, quello della cassa del negozio dove paghiamo e così via per una lista infinita per qualsiasi nostra azione. Prodotti, idee, informazioni, divertimento sono tutti costruiti utilizzando anche il software. Anche i libri che leggete (se leggete dei libri) sono prodotti con carta, inchiostro, idee e... software. Non voglio annoiare nessuno con mille esempi, ma chiunque scoprirà che sa farne decine.

Qualcuno tenta di farci credere che il software è «roba da programmatori», lontano dalla nostra vita, che lo utilizzano gli altri, pochi. Ebbene no. Ognuno di noi utilizza programmi informatici in dose massiccia che lo voglia oppure no. Proprio per questo un'innovazione ideologica sulla produzione del software influenza e influenzerà pesantemente la vita di noi tutti.

Siamo abituati a vedere (poco) un solo meccanismo produttivo: un'azienda fa produrre il software ai propri programmatori e poi ne vende la licenza d'uso (non vendono i programmi: in realtà vendono il permesso di utilizzarli). Questo esaurisce il problema. Notiamo comunque come vi siano state delle modifiche pesanti nello scenario dei produttori di software. Negli ultimi 10 anni hanno avuto il sopravvento le grandi aziende sulle piccole: solo chi ha enormi capacità produttive può stare al passo con l'aumentata richiesta del mercato. Si può fare un eccezione per le piccolissime nicchie di mercato molto specializzate, dove essere grandissimi è uno svantaggio.

Chiedetevi quanti produttori di programmi per scrittura conoscete: cento, dieci ...oppure uno?

Parallelamente al modello noto, si è sviluppato un modello meno conosciuto e per molti anni rimasto negli atenei universitari oppure nei gruppi di appassionati della Rete e dell'informatica. Il modello nuovo produce e diffonde il software secondo una licenza detta GPL - General Public License. In effetti il motore primo della rivoluzione è proprio questa licenza.

I programmi distribuiti sotto questa licenza sono liberamente distribuibili, utilizzabili, modificabili. Il codice sorgente dei programmi (cio` che si va a leggere per capire come funziona il programma e sopratutto che si va a modificare per alterarne il comportamento) è liberamente scaricabile da Internet, così che tutti coloro che lo vogliono utilizzare possono farlo. Quanto detto sembra utopico e difficilmente realizzabile. È vero. Se dovessi dare un giudizio logico lo direi anch'io, ma l'evidenza dei fatti contrasta con le mie e con le vostre deduzioni. I programmi di software libero, liberamente copiabili e utilizzabili (anche senza pagare, se non si vuole farlo!) sono cresciuti, migliorati, diffusi, fino a diventare uguali o spesso migliori dei corrispondenti software proprietari!

Qua non c'è da augurarsi che il Software Libero presto si diffonda in tutte le case... c'è da capire com'è possibile che lo stia già facendo!

Proviamoci. Perché un programmatore dovrebbe lavorare ore e ore per preparare dell'ottimo software, per poi renderlo disponibile a tutti in Rete? Molti lo pagheranno un piccolo prezzo, molti lo scaricheranno senza pagare un euro (io lo faccio spesso!). Perché dopo una lunga fatica si rilascia tutto il nostro lavoro, liberamente, al resto dell'umanità (anche ai cattivi)?

Intanto, partendo dagli aspetti più nobili, c'è anche chi è impegnato nel volontariato e dedica molta della sua vita al miglioramento delle condizioni del prossimo: c'è chi prepara pasti o porta barelle, c'è chi scrive programmi.

C'è poi chi passa la notte, per passione, in una barchetta, al freddo, aspettando dei pesci improbabili e chi passa la notte programmando e traducendo manuali: de gustibus...

Infine si scopre che è possibile avere anche un vantaggio materiale da questo lavoro: un ricercatore universitario, per esempio, che scrive software proprietario magari ci guadagna due lire ma non può pubblicare il suo studio. Se scrive Software Libero, non incassa niente, ma può pubblicare il suo lavoro e, se è bravo, diventare professore; non sempre va bene ma ci si prova!

Il Software Libero è «scaricabile dalla Rete» non «facilmente scaricabile dalla Rete». Ci vogliono connesioni velocissime per ottenere in tempi umani l'ultima versione dei CDROM che ci interessano; ci vuole poi il masterizzatore e si deve essere bravini per assemblare centinaia di versioni di programmi che risultino coerenti e compatibili fra loro: un lavoraccio. Ecco che, chi vende questo lavoro di raccolta, masterizzazione, manualistica - e ci rende la vita comoda - viene pagato.

Attenzione: non si paga il permesso di utilizzare il programma: si paga il lavoro di raccolta, scelta coerente, stampa e distribuzione. Una volta ottenuto, il programma è nostro e ne disponiamo secondo i diritti e i doveri stabiliti dalla General Public License.

Le cosiddette «distribuzioni Linux» (Linux è il programma distribuito sotto GPL più famoso) sono diventate aziende grandi, con clienti in tutto il mondo, che, con fortune alterne, prosperano, come quelle che vendono i diritti d'uso del software proprietario.

Va bene, funziona! Ma funzionerà?

Le cose o le idee belle sono spesso poco pratiche, o addirittura utopiche, comunque perdenti da un punto di vista opportunistico.

Alcuni mesi fa un amico programmatore mi fece notare che il Software Libero potrà essere sviluppato finché sarà una quota minore del mercato. In effetti conosco molti programmatori che di giorno vengono pagati per fare software proprietario, che a loro non piace, mentre nel tempo libero programmano, sviluppano, traducono, diffondono Software Libero. Se non ci fosse una quota di software proprietario (che secondo il mio amico è l'unico redditizio) non potrebbe esserci - e non ci sarà - il Software Libero. Inizialmente questa obiezione mi ha fatto riflettere perché plausibile. Mi sono immaginato uno scenario estremo in cui c'è solo il Software Libero per capire cosa potrà succedere.

Immaginiamo di essere una piccola ditta produttrice di programmi in un mondo di Software Libero. Non possiamo permetterci di avere molte decine di programmatori per costruire un prodotto ricco e vasto come i programmi proprietari a cui eravamo abituati. Però c'è un programma Libero, molto evoluto, che soddisfa quasi tutte le necessità dei nostri clienti. Assumiamo due soli programmatori, prendiamo il programma di Software Libero e lo modifichiamo in maniera opportuna e intelligente per il nostro caso. Ai clienti vendiamo non il «permesso di utilizzare il programma» ma il programma stesso già preparato all'uso e facile da installare quante volte si vuole, anzi vendiamo loro l'installazione, l'assistenza, il continuo aggiornamento alle loro mutevoli esigenze. Riusciamo così a fornire, a un costo per noi davvero minimo, un programma alternativo, per soluzioni ed efficacia, a quello delle grandi multinazionali. La piccola azienda con un raggio d'azione regionale o provinciale potrà così rientrare in concorrenza su un mercato dove ogni prodotto ha decine di migliaia di ore-uomo di programmazione. Non riscuotiamo la gabella sui diritti di proprietà, ma ciò è giusto in quanto non abbiamo fatto noi tutto il lavoro, anzi ne abbiamo fatto solo una piccola percentuale.

Automaticamente succede che il prodotto che noi abbiamo scelto di implementare diventa più ricco e versatile, perché la nostra aggiunta, così come dice la licenza GPL, è libera e tutti possono usufruirne. Se moltiplichiamo questa soluzione per cinque o sei aziende per ogni regione, per venti regioni, abbiamo che, solo in Italia, ci saranno più di duecento programmatori che sviluppano quel prodotto. Se lo moltiplichiamo per tutti i paesi del mondo, abbiamo la moltitudine di programmatori necessaria a competere su un mercato globale (globalmente giusto; dove si globalizza il sapere e non solo la riserva di caccia ai consumatori).

Come si può notare lo sforzo per produrre tale software è minimo; ognuna delle aziende partecipanti si sente anzi molto facilitata da questo sistema. Ovvero si ottiene software a un “costo totale” molto basso per l'umanità. Mi spiego meglio. Sono un tecnico, sono cresciuto ammirando il principio di minimizzazione dell'energia, il quale afferma che avvengono le cose che richiedono la quantità minima di energia per avvenire. Si può con sommo sforzo sostenere un'utopia costosa in temini energetici (socialmente parlando), la si può sostenere per molti anni, ma non all'infinito.

Poiché il metodo suggerito dal Software Libero permettere di ottenere ottimo software a bassissimo sforzo, in un mondo che richiederà sempre più software e sempre migliore, tale metodo sarà molto avvantaggiato. Nello scorso decennio, poiché aumentavano le richieste quantitative e qualitative di software, sono collassate le piccole aziende, che non avevano e non potevano avere l'adeguata capacità produttiva. Nel prossimo decennio collasseranno anche i grandi produttori di software che non potranno sostenere i costi di migliaia di programmatori per ottenere programmi simili a quelli che si svilupperanno quasi spontaneamente ovunque, che saranno migliori, noti a tutti e quindi più sicuri.

Se il futuro ci richiederà sempre più software e sempre migliore, allora sarà prodotto dalla comunità del Software Libero, se il futuro invece regredisce nelle sue richieste di programmi e di informatica, allora potranno sopravvivere anche i produttori di software proprietario. Sicuramente sopravviveranno i piccoli che anche oggi lavorano in ristrette nicchie di mercato.

Qualcuno dei colossi lo ha già capito: IBM finanzia lo sviluppo di Linux e lo utilizza nelle sue macchine più potenti; SUN Microsystems ha da anni ormai abbracciato una logica di sviluppo molto aperta. Qualcuno tenta ancora di frenare lo sviluppo dell'umanità. Ovviamente ancora per poco.

Copyleft 2002 GOLEM - Ultima modifica 24 febbraio 2002

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