Differenze tra le versioni di "Appunti Arch Linux"

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(78 versioni intermedie di uno stesso utente non sono mostrate)
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* Importare la chiave pubblica del suo repository
 
* Importare la chiave pubblica del suo repository
  # curl -L https://archzfs.com/archzfs.gpg |  pacman-key -a -
+
  # pacman-key -r DDF7DB817396A49B2A2723F7403BD972F75D9D76
  # pacman-key --lsign-key $(curl -L https://git.io/JsfVS)
+
  # pacman-key --lsign-key DDF7DB817396A49B2A2723F7403BD972F75D9D76
 
   
 
   
 
* Modificare le seguenti righe al file '''pacman.conf''' di archiso per aggiungere il repository
 
* Modificare le seguenti righe al file '''pacman.conf''' di archiso per aggiungere il repository
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La partizione '''EFI''' dovrà poi essere formattata in FAT32
 
La partizione '''EFI''' dovrà poi essere formattata in FAT32
  # mkfs.vfat -T32 /dev/sda1
+
  # mkfs.vfat -F 32 /dev/sda1
  
 
La seconda partizione dovrà poi essere formattata con uno dei filesystem supportati da Linux (ext4, btrfs, xfs...)
 
La seconda partizione dovrà poi essere formattata con uno dei filesystem supportati da Linux (ext4, btrfs, xfs...)
 
  # mkfs.btrfs /dev/sda3
 
  # mkfs.btrfs /dev/sda3
 
  
 
== Montaggio del filesystem ==
 
== Montaggio del filesystem ==
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  # ln -sf /usr/share/zoneinfo/Europe/Rome /etc/localtime
 
  # ln -sf /usr/share/zoneinfo/Europe/Rome /etc/localtime
  
Editare il file >code>/etc/systemd/timesyncd.conf>/code> ed abilitare il servizio per la sincronizzazione automatica dell'orario
+
Editare il file <code>/etc/systemd/timesyncd.conf</code> ed abilitare il servizio per la sincronizzazione automatica dell'orario
 
  # systemctl enable systemd-timesyncd.service
 
  # systemctl enable systemd-timesyncd.service
  
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  # locale-gen
 
  # locale-gen
  
Configurare la lingua che vogliamo usare per il nostro sistema editando il file <code/etc/locale.conf</code> oppure lanciando il comando
+
Configurare la lingua che vogliamo usare per il nostro sistema editando il file <code>/etc/locale.conf</code> oppure lanciando il comando
 
  # localectl set-locale LANG=en_US.UTF-8
 
  # localectl set-locale LANG=en_US.UTF-8
  
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- [https://access.redhat.com/documentation/it-it/red_hat_enterprise_linux/9/html-single/configuring_and_managing_logical_volumes/index XFS + LVM]: accoppiare il filesystem xfs al gestore di volumi di LVM è il modo con cui RedHat (IBM) ha scelto di implementare le funzionalità di raid e snapshots nella propria distribuzione.
 
- [https://access.redhat.com/documentation/it-it/red_hat_enterprise_linux/9/html-single/configuring_and_managing_logical_volumes/index XFS + LVM]: accoppiare il filesystem xfs al gestore di volumi di LVM è il modo con cui RedHat (IBM) ha scelto di implementare le funzionalità di raid e snapshots nella propria distribuzione.
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== IMG ==
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Per fare esperimenti con i filesystem può essere utile creare dei file immagine
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Creare un file immagine di una specifica grandezza (es.: 10G)
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$ truncate -s 10g disk.img
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Formattarlo con un filesystem (es.: btrfs)
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$ mkfs.btrfs disk.img
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Montarlo in loop
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$ sudo mount -o loop disk.img /mnt
  
  
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* Sul disco smontato
 
* Sul disco smontato
 
  # btrfs check --repair /dev/partizione
 
  # btrfs check --repair /dev/partizione
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 +
Per non dover ricorrere ad un dispositivo di avvio alternativo, dato che btrfs-check non può essere utilizzato su un filesystem montato, si consiglia di aggiungerlo al ramdisk modificando in questo mmodo il file <code>/etc/mkinitcpio.conf</code>
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BINARIES=(btrfs)
  
 
=== Quote ===
 
=== Quote ===
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* Cancellare un subvolume/snapshot
 
* Cancellare un subvolume/snapshot
 
  # btrfs subvolume delete rootsnap
 
  # btrfs subvolume delete rootsnap
 +
 +
==== Integrazione con GRUB ====
 +
È possibile caricare automaticamente all'avvio gli snapshot dei filesystem di root attraverso il programma '''grub-btrfs'''
 +
# pacman -S grub-btrfs
 +
 +
Con questo tool ogni volta che rigeneriamo il file di configurazione di GRUB il sistema rileva eventuali sottovolumi avviabili (snapshot comprese) aggiungendoli al menu di avvio del GRUB
 +
# grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
  
 
=== Backup ===
 
=== Backup ===
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==== RAID 5 ====
 
==== RAID 5 ====
'''ATTENZIONE il raid5 su BTRFS è considerato [https://btrfs.readthedocs.io/en/latest/btrfs-man5.html#raid56-status-and-recommended-practices non sicuro] e se ne sconsiglia il suo utilizzo'''
+
{{Note
 
+
|type=warning
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| text= '''ATTENZIONE il raid5 su BTRFS è considerato [https://btrfs.readthedocs.io/en/latest/btrfs-man5.html#raid56-status-and-recommended-practices non sicuro] e se ne sconsiglia il suo utilizzo'''
 +
}}
 
==== RAID 1C ====
 
==== RAID 1C ====
  
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== ZFS ==
 
== ZFS ==
Installare il modulo e le utility
+
===Installazione di modulo e le utility da AUR===
 
  # pacman-key -r F75D9D76
 
  # pacman-key -r F75D9D76
 
  # pacman-key --lsign-key F75D9D76
 
  # pacman-key --lsign-key F75D9D76
 
  $ pikaur -S zfs-utils zfs-dkms
 
  $ pikaur -S zfs-utils zfs-dkms
  
 +
===Installazione di modulo e utility da archzfs===
 +
Modificare le seguenti righe al file '''pacman.conf''' di archiso
 +
[archzfs-testing]
 +
Server = https://archzfs.com/$repo/$arch
 +
 +
# pacman-key -r DDF7DB817396A49B2A2723F7403BD972F75D9D76
 +
# pacman-key --lsign-key DDF7DB817396A49B2A2723F7403BD972F75D9D76
 +
# pacman -S zfs-utils zfs-linux
 +
 +
===Configurare il FS===
 
[https://wiki.archlinux.org/title/ZFS Comandi] per ottenere informazioni utili sul filesystem e sui pool
 
[https://wiki.archlinux.org/title/ZFS Comandi] per ottenere informazioni utili sul filesystem e sui pool
  # zfs list
+
  # zfs list -t  all
 
  # zpool status
 
  # zpool status
 
  # zpool list
 
  # zpool list
Riga 431: Riga 465:
 
  # zpool create "pool" sda2
 
  # zpool create "pool" sda2
  
Creare un pool in raid0
+
Importare un pool
  # zpool create "pool" /dev/sdb /dev/sdc
+
  # zpool import "pool"
  
Creare un pool in raid1
+
Aggiungere pool alla cache per auto-import e mount (abilitare i vari demoni zfs)
  # zpool create "pool" mirror /dev/sdb /dev/sc
+
  # zpool set cachefile=/etc/zfs/zpool.cache "pool"
  
Creare un pool ''raid5'' su più dischi
+
oppure si possono caricare i mountpoint in modalità legacy dall'fstab
 +
# zfs create -o mountpoint=legacy ''pool''/directory
 +
 
 +
Aggiungere la compressione
 +
# zfs get compression ''pool''
 +
# zfs set compression=lz4 ''pool''
 +
 
 +
Vedere le proprietà di un ''pool''
 +
# zfs get all ''zpool''
 +
 
 +
==== RAID ====
 +
Creare un pool in raid0
 +
# zpool create "pool" /dev/sdb /dev/sdc
 +
 
 +
Creare un pool in raid1
 +
# zpool create "pool" mirror /dev/sdb /dev/sc
 +
 
 +
Creare un pool ''raid5'' su più dischi
 
  # zpool create "pool" raidz /dev/sdb /dev/sdc /dev/sdd
 
  # zpool create "pool" raidz /dev/sdb /dev/sdc /dev/sdd
  
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  # zpool remove "pool" disco1
 
  # zpool remove "pool" disco1
  
Importare un pool
+
Controllare lo stato di un pool
  # zpool import "pool"
+
  # zpool status
  
Aggiungere pool alla cache per auto-import e mount (abilitare i vari demoni zfs)
+
Correggere eventuali errori
  # zpool set cachefile=/etc/zfs/zpool.cache "pool"
+
# zpool clear ''pool'' ''disco''
 +
  # zpool scrub  ''pool''
  
oppure si possono caricare i mountpoint in modalità egacy dall'fstab
+
=== Root filesystem ===
# zfs create -o mountpoint=legacy ''pool''/directory
+
* Guida ufficiale [https://openzfs.github.io/openzfs-docs/Getting%20Started/Arch%20Linux/Root%20on%20ZFS/1-preparation.html Root on ZFS]
  
Aggiungere la compressione
+
Per prima cosa organizzare la tabella delle partizioni del [[#Preparazione_del_disco | disco]]
# zfs get compression ''pool''
 
# zfs set compression=lz4 ''pool''
 
  
Vedere le proprietà di un ''pool''
+
Formattare la partizione e creare il dataset (senza mountpoint)
  # zfs get all ''zpool''
+
  # zpool create -m none rpool ''sda2''
 
+
=== Root filesystem ===
+
Smontare il pool e rimontarlo in modalità legacy
Per poter installare Arch con arch-chroot su zfs
+
  # zfs create -o mountpoint=none rpool/ROOT
  # zpool create rpool sda2
+
  # zfs create -o mountpoint=legacy rpool/ROOT/arch
  # zfs create -o mountpoint=legacy rpool/ROOT
+
  # zpool set bootfs=rpool/ROOT/arch rpool
  # zpool set bootfs=rpool/ROOT rpool
 
 
  # mount -t zfs rpool/ROOT /mnt
 
  # mount -t zfs rpool/ROOT /mnt
 
''rpool'' è il nome che abbiamo voluto dare al volume contenente il filesystem di sistema
 
''rpool'' è il nome che abbiamo voluto dare al volume contenente il filesystem di sistema
 +
 +
NB: se NON si usa il mountpoint in modalità legacy occorrerà impostare <code>canmount=noauto</code> su tutti i dataset con <code>mountpoint=/</code> (es.: zfs create -o mountpoint=/ -o canmount=noauto rpool/ROOT/arch) altrimenti il sistema cercherà di eseguirne automaticamente l'automount e fallirà se esistono più filesystem da montare su /
  
 
Se volessimo aggiungere altri pool es.:
 
Se volessimo aggiungere altri pool es.:
 
  # zfs create rpool/home
 
  # zfs create rpool/home
  # zfs create rpool/usr/src
+
  # zfs create rpool/arch/pkg
 
  # zfs create rpool/var
 
  # zfs create rpool/var
 
  # zfs create rpool/srv
 
  # zfs create rpool/srv
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Installare il sistema di base
 
Installare il sistema di base
  # pacstrap /mnt base base-devel net-tools
+
  # pacstrap -K /mnt base linux linux-firmware zfs-utils zfs-linux
 +
 
 +
Altri pacchetti consigliati
 +
# pacstrap -K /mnt base-devel net-tools networkmanager nano zsh grml-zsh-config busybox
  
 
Eseguire il chroot per procedere con l'installazione
 
Eseguire il chroot per procedere con l'installazione
Riga 507: Riga 561:
 
Configurare il mountpoint su fstab
 
Configurare il mountpoint su fstab
 
/etc/fstab  
 
/etc/fstab  
  rpool/ROOT      /      zfs        noatime    0 0
+
  rpool/ROOT/arch     /      zfs        noatime    0 0
  
 
Editare il file /etc/mkinitcpio.conf aggiungendo zfs prima del filesystem
 
Editare il file /etc/mkinitcpio.conf aggiungendo zfs prima del filesystem
 
  HOOKS="base udev autodetect modconf block keyboard zfs filesystems"
 
  HOOKS="base udev autodetect modconf block keyboard zfs filesystems"
  
Abilitare il servizio ZFS all'avvio
+
Abilitare i servizi per ZFS all'avvio
  # systemctl enable zfs.service  
+
  # systemctl enable zfs-zed.service
 +
# systemctl enable zfs-mount.service
 +
# systemctl enable zfs-share.service
 +
# systemctl enable zfs-import.target
 +
# systemctl enable zfs.target
 +
 
 +
Impostare una password di root
 +
# passwd
 +
 
 +
Ricreare il ramdisk col supporto per ZFS
 +
# mkinitcpio -p linux
 +
 
 +
Installare il [[Appunti_Arch_Linux#BOOT_LOADER|Boot Loader]]
  
 
Uscire dal chroot e terminazione dell'installazione
 
Uscire dal chroot e terminazione dell'installazione
 
  # exit
 
  # exit
 
  # zfs unmount -a
 
  # zfs unmount -a
# zfs set mountpoint=/ rpool
 
 
  # cp /etc/zfs/rpool.cache /mnt/etc/zfs/rpool.cache
 
  # cp /etc/zfs/rpool.cache /mnt/etc/zfs/rpool.cache
 
  # zpool export rpool
 
  # zpool export rpool
 
  # reboot
 
  # reboot
  
Per limitare l'utilizzo di RAM a 2 Gib si può modificare
+
==== BOOT LOADER ====
# echo "options zfs zfs_arc_max=2147483648" > /etc/modprobe.d/zfs.conf
+
===== ZFSBootMenu =====
 +
Per gestire a meglio gli snapshot e la clonazione dei pool è consigliabile, su PC che supportano UEFI, utilizzare il boot loader [https://docs.zfsbootmenu.org/en/latest/guides/alpine/uefi.html ZFSBootMenu].
  
==== GRUB ====
+
Esportiamo le variabile per configurare il primo disco /dev/sda come disco di avvio
  #Grub entry
+
  # export BOOT_DISK="/dev/sda"
menuentry 'Arch Linux'{
+
# export BOOT_PART="1"
      insmod gzio
+
  # export BOOT_DEVICE="${BOOT_DISK}${BOOT_PART}"
      insmod part_gpt
 
      insmod zfs
 
      set root='hd0,gpt2'
 
      linux  /ROOT@/boot/vmlinuz-linux zfs_force=1 zfs=bootfs root=ZFS=rpool/ROOT rw  quiet
 
      initrd  /ROOT@/boot/initramfs-linux.img
 
  }
 
  
==== Hostid ====
+
Assicuriamoci che il nostro pool di root sia configurato come avviabile
Abilitato il servizio zfs, dopo il primo reboot, per evitare problemi, è necessario specificare l'hostid e rigenerare il ramdisk.
+
  # zpool set bootfs=''rpool/ROOT/'' ''rpool''
  # hostid > /etc/hostid
 
# mkinitcpio -p linux
 
  
=== Snapshots ===
+
Formattiamo sda1 per creare la partizione EFI di boot
Snapshot del volume root
+
  # mkfs.vfat -F32 "$BOOT_DEVICE"
  # zfs snapshot rpool/ROOT''@snapshot-2023-03-07''
 
  
Snapshot ricorsivo di tutti i volumi contenuti in rpool
+
Aggiungiamola all'fstab e montiamola
  # zfs snapshot -r rpool''@snapshot-2023-03-07''
+
  # cat << EOF >> /etc/fstab
 +
$BOOT_DEVICE /boot/efi vfat defaults 0 0
 +
EOF
  
Lista degli snapshot presenti
+
# mkdir -p /boot/efi
  # zfs list -t snapshot
+
  # mount /boot/efi
  
Ripristino dello snapshot
+
Scarichiamo ed installiamo il boot loader
  # zfs rollback rpool''@snapshot-2023-03-07''
+
  # mkdir -p /boot/efi/EFI/ZBM
 +
# curl -o /boot/efi/EFI/ZBM/VMLINUZ.EFI -L https://get.zfsbootmenu.org/efi
 +
# cp /boot/efi/EFI/ZBM/VMLINUZ.EFI /boot/efi/EFI/ZBM/VMLINUZ-BACKUP.EFI
  
Invio via SSH di una snapshot
+
Forziamo zfsbootmenu a montare il nostro dataset con i permessi di scrittura
  # zfs send  rpool/ROOT''@snapshot-2023-03-07''| ssh user zfs recv tank/backups/rootzfs
+
  # zfs set org.zfsbootmenu:commandline="quiet loglevel=4 rw" rpool/ROOT
 +
 
 +
Installiamo e configuriamo  ''efibootmgr''
 +
# pacman -S efibootmgr
  
Backup locale di una snapshot
+
# efibootmgr -c -d "$BOOT_DISK" -p "$BOOT_PART" \
# zfs send rpool  | gzip > zfs_backup.gz
+
  -L "ZFSBootMenu (Backup)" \
 +
  -l \\EFI\\ZBM\\VMLINUZ-BACKUP.EFI
  
=== ZFS Cifrato ===
+
  # efibootmgr -c -d "$BOOT_DISK" -p "$BOOT_PART" \
Creare un dataset cifrato con password
+
  -L "ZFSBootMenu" \
  # zfs create -o encryption=on -o keyformat=''password'' ''nomepool''/''nomedataset''
+
  -l \\EFI\\ZBM\\VMLINUZ.EFI
  
Generazione di una chiave di cifratura
 
# dd if=/dev/random of=/path/to/key bs=1 count=32
 
  
Creare un dataset cifrato con una chiave di cifratura
+
* Se si utilizza un pool distribuito su più dischi (RAID1 o RAIDZ) occorrerà installare il bootloader anche sugli altri dispositivi (nel caso del disco /dev/sdb).
# zfs create -o encryption=on -o keyformat=raw -o keylocation=''file:///directory/della/chiave'' ''nomepool''/''nomedataset''
 
  
Controllare il percorso della chiave per ''nomepool''/''nomedataset''
+
# mount /dev/sdb1 /boot/efi
  # zfs get keylocation ''nomepool''/''nomedataset''
+
  # curl -o /boot/efi/EFI/ZBM/VMLINUZ.EFI -L https://get.zfsbootmenu.org/efi
 +
# efibootmgr -c -d "$BOOT_DISK" -p "$BOOT_PART" \
 +
  -L "ZFSBootMenu sdb" \
 +
  -l \\EFI\\ZBM\\VMLINUZ.EFI
  
Cambiare il percorso della chiave
+
===== GRUB =====
  # zfs set keylocation=''file:///nuova/directory/della/chiave'' ''nomepool''/''nomedataset''
+
Se non ci interessa gestire snapshot o utilizziamo un PC con BIOS è possibile optare per GRUB
 +
# pacman -S grub
 +
  # grub-install /dev/sda
 +
(se si usa un pool composto da più dischi es. raidz per il filesystem di root è consigliabile installare grub su tutti i dischi: sda, sdb, sdc, sdd...)
 +
# grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
  
Caricare manualmente le chiavi di cifratura prima del montaggio
+
Esempio
  # zfs load-key ''nomepool''/''nomedataset'' # carica la chiave del determinato dataset
+
  #Grub entry
  # zfs load-key -a # carica tutte le chiavi del filesystem
+
menuentry 'Arch Linux'{
 +
      insmod gzio
 +
      insmod part_gpt
 +
      insmod zfs
 +
      set root='hd0,gpt3'
 +
        echo    'Loading Linux linux ...'
 +
        linux  /ROOT@/boot/vmlinuz-linux root=ZFS=rpool/ROOT rw  loglevel=3 quiet
 +
        echo    'Loading initial ramdisk ...'
 +
        initrd /ROOT@/boot/initramfs-linux.img
 +
}
  
==== Unlock con systemd ====
+
=== Snapshot ===
Creare uno script per il caricamento delle chiavi all'avvio ''/etc/systemd/system/zfs-load-key@.service''
+
Snapshot del dataset ROOT
 +
# zfs snapshot -r rpool/ROOT''@snapshot-2023-03-07''
  
[Unit]
+
Lista degli snapshot presenti
  Description=Load %I encryption keys
+
  # zfs list -t snapshot
Before=systemd-user-sessions.service zfs-mount.service
+
 
After=zfs-import.target
+
Ripristino dello snapshot
  Requires=zfs-import.target
+
  # zfs rollback rpool''@snapshot-2023-03-07''
DefaultDependencies=no
 
[Service]
 
Type=oneshot
 
RemainAfterExit=yes
 
ExecStart=/bin/sh -c 'until (systemd-ask-password "Encrypted ZFS password for %I" --no-tty | zfs load-key %I); do echo "Try again!"; done'
 
[Install]
 
WantedBy=zfs-mount.service
 
  
==== Unlock al login ====
+
Oltre che servire per il ripristino, possono essere montati per esplorarne il contenuto, ma non è possibile modificarlo.
Impostare il filesystem in modalità legacy così che non sia montato automaticamente all'avvio
+
  # mount -t zfs rpool@''2023-04-11'' /mnt/''snapshot''
  # zfs set mountpoint=legacy zroot/data/
 
  
Modificare il file /etc/fstab
+
Copia locale di un dataset
  zroot/data/         /home          zfs            rw,xattr,posixacl,noauto        0 0
+
  # zfs send -R rpool/ROOT''@snapshot-2023-03-07'' | zfs recv -F rpool/ROOT/backup
  
Creare il seguente script: <code>/sbin/mount-zfs-homedir</code>
+
Invio via SSH di una snapshot
 +
# zfs send -R rpool/ROOT''@snapshot-2023-03-07''| ssh ''user@ip_address'' zfs recv tank/backups/rootzfs
  
#!/bin/bash
+
Backup locale di una snapshot
  #
+
  # zfs send -R rpool/ROOT@snapshot | gzip > /tmp/zfs_backup.gz
set -eu
 
# Password is given to us via stdin, save it in a variable for later
 
PASS=$(cat -)
 
#
 
VOLNAME="zroot/data/home"
 
#
 
# Unlock and mount the volume
 
zfs load-key "$VOLNAME" <<< "$PASS" || continue
 
zfs mount "$VOLNAME" || true # ignore errors
 
  
Aggiungere lo script a PAM: /etc/pam.d/system-auth
+
Restore del backup
 +
# gzcat /tmp/zfs_backup.gz | zfs recv -F rpool/ROOT
  
  auth      optional                    pam_exec.so          expose_authtok /sbin/mount-zfs-homedir
+
==== Clone ====
 +
Se vogliamo eseguire operazioni di scrittura su una snapshot occorre effettuare un clone del dataset
 +
  # zfs snapshot ''rpool/home''@yesterday
 +
# zfs clone ''rpool/home''@yesterday rpool/new_home
  
=== Cache ===
+
Per sostituire il filesystem principale col clone
Utilizzare un moderno disco a stato solido può essere una soluzione economica per velocizzare un pool, eventualmente anche raid
+
# zfs promote rpool/new_home
  
  # zpool add -f ''rpool'' cache /dev/sdd1
+
=== ZFS Cifrato ===
# zpool add -f ''rpool'' log /dev/sdd2
+
Creare un dataset cifrato con password
 +
  # zfs create -o encryption=on -o keyformat=''password'' ''nomepool''/''nomedataset''
  
=== Sharing ===
+
Generazione di una chiave di cifratura
Non è molto noto, ma ZFS ha integrati dei [https://docs.oracle.com/cd/E36784_01/html/E36835/gayne.html#scrolltoc comandi] per permettere la condivisione del filesystem con altre macchine tramite i protocolli NFS o SMB.
+
# dd if=/dev/random of=/path/to/key bs=1 count=32
  
Premessa: occorrerà attivare il server NFS
+
Creare un dataset cifrato con una chiave di cifratura
  # systemctl start nfs-server.service
+
  # zfs create -o encryption=on -o keyformat=raw -o keylocation=''file:///directory/della/chiave'' ''nomepool''/''nomedataset''
# systemctl enable nfs-server.service
 
  
Condividere tramite NFS l'intero pool ''home''
+
Controllare il percorso della chiave per ''nomepool''/''nomedataset''
  # zfs set share.nfs=on ''pool''/home
+
  # zfs get keylocation ''nomepool''/''nomedataset''
  
Verificare la condivisione
+
Cambiare il percorso della chiave
  # zfs get -r share.nfs ''pool''/home
+
  # zfs set keylocation=''file:///nuova/directory/della/chiave'' ''nomepool''/''nomedataset''
NAME            PROPERTY  VALUE  SOURCE
 
pool/home        share.nfs  on    local
 
  
Condividere tramite NFS la directory home dell'utente 1, 2...
+
Caricare manualmente le chiavi di cifratura prima del montaggio
  # zfs create ''pool''/home/'''utente1'''
+
  # zfs load-key ''nomepool''/''nomedataset'' # carica la chiave del determinato dataset
  # zfs create ''pool''/home/'''utente2'''
+
  # zfs load-key -a # carica tutte le chiavi del filesystem
  
Si possono specificare opzioni di montaggio per i permessi sul mount
+
==== Unlock con systemd ====
# zfs set share.nfs.nosuid=on ''pool''/home/'''utente1'''
+
Creare script per il caricamento delle chiavi all'avvio
# zfs set share.nfs=on ''pool''/home/'''utente1'''
 
  
Condividere una directory con tutta la rete
+
* Caricando la password dal keyfile
# zfs share -o share.nfs=on -o share.nfs.public=on pool/public%pubshare
+
''/etc/systemd/system/zfs-loadkey-file.service''
  
Condividere una directory con una parte della rete
+
[Unit]
  # zfs set share.nfs='rw=@192.0.10.0/16,rw=@192.0.11.0/24' pool/public%pubshare
+
Description=Load ZFS encryption keys
 +
DefaultDependencies=no
 +
After=zfs-import.target
 +
  Before=zfs-mount.service
 +
[Service]
 +
Type=oneshot
 +
RemainAfterExit=yes
 +
ExecStart=/usr/sbin/zfs load-key -a
 +
StandardInput=tty-force
 +
[Install]
 +
WantedBy=zfs-mount.service
  
Disabilitare temporaneamente una condivisione
+
* Digitando la password
# zfs unshare pool/home/''nomeshare''
 
  
Rimuovere una condivisione
+
''/etc/systemd/system/zfs-load-key@.service''
  # zfs set share.nfs=off pool/''share''
+
[Unit]
 +
Description=Load %I encryption keys
 +
  Before=systemd-user-sessions.service zfs-mount.service
 +
After=zfs-import.target
 +
Requires=zfs-import.target
 +
DefaultDependencies=no
 +
[Service]
 +
Type=oneshot
 +
RemainAfterExit=yes
 +
ExecStart=/bin/sh -c 'until (systemd-ask-password "Encrypted ZFS password for %I" --no-tty | zfs load-key %I); do echo "Try again!"; done'
 +
[Install]
 +
WantedBy=zfs-mount.service
  
 +
==== Unlock al login ====
 +
Impostare il filesystem in modalità legacy così che non sia montato automaticamente all'avvio
 +
# zfs set mountpoint=legacy zroot/data/
  
=== Montare share ===
+
Modificare il file /etc/fstab
Montare il volume pool1 della macchina con IP 192.168.0.2 su /mnt/pool1
+
  zroot/data/         /home          zfs            rw,xattr,posixacl,noauto        0 0
  # mount -t nfs 192.168.0.2:/pool1 /mnt/pool1
 
  
Aggiungere la seguente riga al file '''/etc/fstab''' per automatizzare il montaggio
+
Creare il seguente script: <code>/sbin/mount-zfs-homedir</code>
192.168.0.2:/pool1      /mnt/pool1      nfs      defaults          0          0
 
  
 +
#!/bin/bash
 +
#
 +
set -eu
 +
# Password is given to us via stdin, save it in a variable for later
 +
PASS=$(cat -)
 +
#
 +
VOLNAME="zroot/data/home"
 +
#
 +
# Unlock and mount the volume
 +
zfs load-key "$VOLNAME" <<< "$PASS" || continue
 +
zfs mount "$VOLNAME" || true # ignore errors
  
=== SWAP ===
+
Aggiungere lo script a PAM: /etc/pam.d/system-auth
Creare una partizione swap da 8 GiB
 
# zfs create -V 8G -b $(getconf PAGESIZE) -o compression=zle \
 
              -o logbias=throughput -o sync=always\
 
              -o primarycache=metadata -o secondarycache=none \
 
              -o com.sun:auto-snapshot=false '''<pool>/swap'''
 
  
Formattazione della partizione
+
  auth      optional                    pam_exec.so          expose_authtok /sbin/mount-zfs-homedir
  # mkswap -f /dev/zvol/<pool>/swap
 
  
Attivazione della swap
+
=== Cache ===
# swapon /dev/zvol/<pool>/swap
+
Utilizzare un moderno disco a stato solido può essere una soluzione economica per velocizzare un pool, eventualmente anche raid
  
Aggiungere la swap al <code>/etc/fstab</code>
+
# zpool add -f ''rpool'' cache /dev/sdd1
  '''/dev/zvol/<pool>/swap''' none swap discard 0 0
+
  # zpool add -f ''rpool'' log /dev/sdd2
  
== Filesystem Cifrato ==
+
=== Sharing ===
Cryptsetup è il tool standard per la gestione su Linux (fin dal kernel 2.6) dei volumi cifrati attraverso device mapper crypt, supporta volumi LUKS, loop-AES,TrueCrypt/VeraCrypt, BitLocker (Windows) e FileVault2 (MacOSX). Sebbene sia uno standard affermato e ben documentato la sua configurazione non è banale e ritengo ci siano modi più semplici per raggiungere il medesimo risultato.  
+
Non è molto noto, ma ZFS ha integrati dei [https://docs.oracle.com/cd/E36784_01/html/E36835/gayne.html#scrolltoc comandi] per permettere la condivisione del filesystem con altre macchine tramite i protocolli NFS o SMB.
  
Per chi volesse cifrare un intera partizione/volume consiglio [[Appunti_Arch_Linux#ZFS_Cifrato|ZFS]], se invece si desidera cifrare solo una directory EncFS è la soluzione che preferisco.
+
Premessa: occorrerà attivare il server NFS
 +
# systemctl start nfs-server.service
 +
# systemctl enable nfs-server.service
  
=== EncFS ===
+
Condividere tramite NFS l'intero pool ''home''
Cifrare una directory può essere un'alternativa alla cifratura di un intera partizione come avviene invece con Cryptsetup. EncFS è un filesystem user-space montabile tramite FUSE che permette di effettuare questa operazione. Rispetto ad un filesystem loopback criptato ci sono però diversi pregi e difetti.
+
# zfs set share.nfs=on ''pool''/home
  
* Pro
+
Verificare la condivisione
# Selezionare selettivamente i contenuti da cifrare, rispetto ad avere un device completamente cifrato, appesantisce meno il lavoro della CPU specialmente quando si utilizzano processori datati privi del set di istruzioni AES.
+
# zfs get -r share.nfs ''pool''/home
# Dimensioni modificabili: un file system vuoto EncFS è composto da qualche dozzina di byte e può crescere a qualsiasi dimensione senza bisogno di essere riformattato. Con un dispositivi di cifratura a blocchi, si alloca un filesystem in anticipo con le dimensioni desiderate.
+
NAME            PROPERTY  VALUE  SOURCE
# Possibilità di backup incrementali: Un filesystem EncFS può essere salvato con una politica per file. Un programma di backup è in grado di rilevare quali file sono cambiati, anche se non sarà in grado di decifrarli.
+
pool/home        share.nfs  on    local
# Permette di aggiungere la crittografia a qualsiasi filesystem
 
# Lavora a livello utente, non richiede permessi di amministratore
 
  
* Contro
+
Condividere tramite NFS la directory home dell'utente 1, 2...
# Non permette di cifrare l'intera installazione, ma solo i file selezionati
+
# zfs create ''pool''/home/'''utente1'''
# Chi ha accesso ai file crittografati può conoscerne i meta-dati (numero di file, permessi, dimensione)
+
# zfs create ''pool''/home/'''utente2'''
  
 +
Si possono specificare opzioni di montaggio per i permessi sul mount
 +
# zfs set share.nfs.nosuid=on ''pool''/home/'''utente1'''
 +
# zfs set share.nfs=on ''pool''/home/'''utente1'''
  
==== Montaggio automatico ====
+
Condividere una directory con tutta la rete
Dato che non è possibile passare opzioni all'eseguibile encfs su fstab è necessario creare un wrapper, cioè uno script da rendere eseguibile (es. <code>/home/user/encfs.sh</code>) che vada a recuperare la password da un file (es. ''encfs_password''), magari contenuto in una chiavetta USB anch'essa montata automaticamente all'avvio.
+
# zfs share -o share.nfs=on -o share.nfs.public=on pool/public%pubshare
  
Wrapper
+
Condividere una directory con una parte della rete
  #!/bin/sh
+
  # zfs set share.nfs='rw=@192.0.10.0/16,rw=@192.0.11.0/24' pool/public%pubshare
encfs --public --extpass="cat /mnt/USB/encfs_password" $*
 
  
 +
Disabilitare temporaneamente una condivisione
 +
# zfs unshare pool/home/''nomeshare''
  
A questo punto è possibile aggiungere all'''/etc/fstab'' le seguenti righe.
+
Rimuovere una condivisione
  # Montaggio automatico della penna USB ''cafebabe-b00b5-deadbee'' all'avvio
+
  # zfs set share.nfs=off pool/''share''
UUID=cafebabe-b00b5-deadbeef /mnt/USB auto defaults,auto 0 0
 
# Richiamo del wrapper
 
/home/''user''/encfs.sh#/home/''user''/.encrypted /home/''user''/decrypted fuse rw,user,auto 0 0
 
  
  
=== VeraCrypt ===
+
=== Montare share ===
Un discorso a parte lo merita [https://www.veracrypt.fr VeraCrypt] (fork di TrueCrypt), un tool opensource dotato di '''interfaccia grafica''' che permette di configurare la cifratura di volumi reali o file immagini montate in loop. Ha una funzione particolare, chiamata '''Hidden Volume''' che permette di creare un volume nascosto all'interno di un normale volume VeraCrypt al quale si può accedere con una diversa password così da evitare in caso di necessità (ricatto, fidanzata/moglie gelosa, imposizione da parte delle forze dell'ordine) di mostrare il contenuto del reale archivio cifrato.
+
Montare il volume pool1 della macchina con IP 192.168.0.2 su /mnt/pool1
 +
# mount -t nfs 192.168.0.2:/pool1 /mnt/pool1
  
 +
Aggiungere la seguente riga al file '''/etc/fstab''' per automatizzare il montaggio
 +
192.168.0.2:/pool1      /mnt/pool1      nfs      defaults          0          0
  
=== Cryptsetup ===
 
[https://wiki.golem.linux.it/Installare_Arch_Linux_in_una_partizione_cifrata Partizione cifrata]
 
  
[https://guide.debianizzati.org/index.php/Volumi_criptati_LUKS_-_Creazione_e_uso_con_cryptmount Volumi_criptati_LUKS]
+
=== SWAP ===
 +
Creare una partizione swap da 8 GiB
 +
# zfs create -V 8G '''<pool>/swap'''
  
 +
Formattazione della partizione
 +
# mkswap -f /dev/zvol/<pool>/swap
  
=== EXT4 fscrypt ===
+
Attivazione della swap
[https://wiki.archlinux.org/title/Fscrypt Fscrypt] su ext4
+
# swapon /dev/zvol/<pool>/swap
  
= RAID mdadm =
+
Aggiungere la swap al <code>/etc/fstab</code>
Su Linux era possibile effettuare RAID via software anche prima dell'avvento di filesystem di nuova generazione come btrfs o zfs. Per fare ciò è possibile utilizzare il comando <code>mdadm</code>.
+
'''/dev/zvol/<pool>/swap''' none swap discard 0 0
  
Vedere l'organizzazione della tabella delle partizioni dei dischi
+
== Filesystem Cifrato ==
$ lsblk
+
Esistono molti modi per cifrare volumi e file su Linux, come si può vedere da questa [https://wiki.archlinux.org/title/Data-at-rest_encryption#Comparison_table tabella]
  
sda      8:16  0 447.1G  0 disk
+
* Generare una password di 32 caratteri alfanumerici con /dev/random.  
  ├─sda1  8:17  0  500M  0 part
+
  cat /dev/random | tr -dc '[:alnum:]' | fold -w 32 | head -n 1
├─sda2  8:18  0    16G  0 part [SWAP]
 
└─sda3  8:19  0 430.6G  0 part /
 
                               
 
sdb      8:32   1  3.7G  0 disk
 
├─sdb1  8:33  1  3.5G  0 part
 
├─sdb2  8:34  1   239M  0 part [SWAP]
 
└─sdb3  8:19  0 430.6G  0 part /
 
  
Nell'esempio ci sono due dischi (sda, sdb) contenenti 3 partizioni: EFI, SWAP e Linux.
+
=== EncFS ===
 +
Cifrare una directory può essere un'alternativa alla cifratura di un intera partizione come avviene invece con Cryptsetup. EncFS è un filesystem user-space montabile tramite FUSE che permette di effettuare questa operazione. Rispetto ad un filesystem loopback criptato ci sono però diversi pregi e difetti.
  
== RAID 0 ==
+
* Pro
Creare un volume ''md3'' che costituito dalla somma delle due partizioni sda3 e sdb3
+
# Selezionare selettivamente i contenuti da cifrare, rispetto ad avere un device completamente cifrato, appesantisce meno il lavoro della CPU specialmente quando si utilizzano processori datati privi del set di istruzioni AES.
# mdadm --create --verbose /dev/md3 --level=0 --raid-devices=2 /dev/sda3 /dev/sdb3
+
# Dimensioni modificabili: un file system vuoto EncFS è composto da qualche dozzina di byte e può crescere a qualsiasi dimensione senza bisogno di essere riformattato. Con un dispositivi di cifratura a blocchi, si alloca un filesystem in anticipo con le dimensioni desiderate.
 +
# Possibilità di backup incrementali: Un filesystem EncFS può essere salvato con una politica per file. Un programma di backup è in grado di rilevare quali file sono cambiati, anche se non sarà in grado di decifrarli.
 +
# Permette di aggiungere la crittografia a qualsiasi filesystem
 +
# Lavora a livello utente, non richiede permessi di amministratore
  
Verificare che il raid funzioni correttamente
+
* Contro
# mdadm --detail /dev/md0
+
# Non permette di cifrare l'intera installazione, ma solo i file selezionati
 +
# Chi ha accesso ai file crittografati può conoscerne i meta-dati (numero di file, permessi, dimensione)
 +
# EncFS sembra non sia più attivamente mantenuto. Un'alternativa molto simile potrebbe essere gocryptfs.
  
Utilizzare il nuovo volume md3, formattato col filesystem XFS, per una nuova installazione di Arch Linux (montandolo in /mnt)
+
==== Montaggio automatico ====
# mkfs.xfs /dev/md3
+
Dato che non è possibile passare opzioni all'eseguibile encfs su fstab è necessario creare un wrapper, cioè uno script da rendere eseguibile (es. <code>/home/user/encfs.sh</code>) che vada a recuperare la password da un file (es. ''encfs_password''), magari contenuto in una chiavetta USB anch'essa montata automaticamente all'avvio.
# mount /dev/md3 /mnt/
 
  
== RAID 1 ==
+
Wrapper
Creare un volume ''md3'' mirror delle due partizioni sda3 e sdb3
+
#!/bin/sh
  # mdadm --create /dev/md3 /dev/sda3 /dev/sdb3 --level=1 --raid-devices=2
+
encfs --public --extpass="cat /mnt/USB/encfs_password" $*
 +
 
 +
 
 +
A questo punto è possibile aggiungere all'''/etc/fstab'' le seguenti righe.
 +
  # Montaggio automatico della penna USB ''cafebabe-b00b5-deadbee'' all'avvio
 +
UUID=cafebabe-b00b5-deadbeef /mnt/USB auto defaults,auto 0 0
 +
# Richiamo del wrapper
 +
/home/''user''/encfs.sh#/home/''user''/.encrypted /home/''user''/decrypted fuse rw,user,auto 0 0
  
== RAID 5 ==
 
Creare un volume ''md3'' con un [https://en.wikipedia.org/wiki/Standard_RAID_levels#RAID_5 raid5], ovviamente stavolta occorreranno almeno 3 dischi es.: sda3, sdb3, sdc3.
 
  
Per creare tre partizioni tutte della stessa dimensione è possibile copiare su sdb e sdc la tabella delle partizioni di sda
+
=== gocryptfs ===
  # sfdisk -d /dev/sda | sfdisk /dev/sdb
+
Creare una directory cifrata ''crypt'' e montarla su ''dati''
  #  sfdisk -d /dev/sda | sfdisk /dev/sdc
+
  $ mkdir crypt dati
 +
  $ gocryptfs -init crypt
 +
  $ gocryptfs crypt dati
  
Creare l'array in raid5
+
Creare una versione cifrata di una preesistente home
# mdadm --create /dev/md/md3 /dev/sda1 /dev/sdb1 /dev/sdc1 --level=5 --raid-devices=3 --bitmap=internal
 
  
== Modificare l'array ==
+
$ mkdir /home/user.crypt
È possibile passare da raid1 a raid5
+
  $ gocryptfs -init -reverse /home/user
  # mdadm --grow /dev/md3 --level=5
+
  $ gocryptfs -reverse /home/user /home/user.crypt
  # mdadm --grow /dev/md3 --add /dev/sdc3 --raid-devices=3
 
  
== Accorgersi di un guasto ==
+
È possibile aggiungere una linea simile alle seguente al file '''/etc/fstab''' per automatizzare il sistema di montaggio di una cartella cifrata durante il boot utilizzando un keyfile.
Nei raid 1 e 5 in caso di danneggiamento di un disco sarà possibile sostituirlo e ricostruire l'array senza perdere dati. Nell'ipotesi di avere un guasto su '''sdb''' in un raid1 comparirà qualcosa di simile a questo eseguendo <code>cat /proc/mdstat</code>
 
md3 : active raid1 sda3[1]
 
''blocks [2/2] [U_]''
 
invece che
 
md3 : active raid1 sda3[1] '''sdb3'''[0]
 
      262016 blocks [2/2] [UU]
 
  
===Rimuovere il disco danneggiato dal RAID===
+
  /home/user/cipher /home/user/plain fuse./usr/bin/gocryptfs nofail,allow_other,passfile=/tmp/password 0 0
Si dovrà marcare sdb3 come danneggiata e andrà rimossa dall'array.
 
  # mdadm --manage /dev/md3 --fail /dev/sdb3
 
# mdadm --manage /dev/md3 --remove /dev/sdb3
 
  
Se avessimo più array (es. md1, md2...) contenenti partizioni del disco sdb (sdb1, sdb2...), l'operazione andrebbe ripetuta per ciascuno di essi es.:
+
=== [https://wiki.archlinux.org/title/ECryptfs ECryptfs] ===
# mdadm --manage /dev/md1 --fail /dev/sdb1
 
# mdadm --manage /dev/md1 --remove /dev/sdb1
 
  
#  cat /proc/mdstat
+
=== VeraCrypt ===
Personalities : [linear] [multipath] [raid0] [raid1] [raid5] [raid4] [raid6] [raid10]
+
[https://www.veracrypt.fr VeraCrypt] (fork di TrueCrypt) è un tool opensource dotato di '''interfaccia grafica''' che permette di configurare la cifratura di volumi reali o file immagini montate in loop. Ha una funzione particolare, chiamata '''Hidden Volume''' che permette di creare un volume nascosto all'interno di un normale volume VeraCrypt al quale si può accedere con una diversa password così da evitare in caso di necessità (ricatto, fidanzata/moglie gelosa, imposizione da parte delle forze dell'ordine) di mostrare il contenuto del reale archivio cifrato.
md0 : active raid1 sda3[0]
 
24418688 blocks [2/1] [U_]
 
  
unused devices: <none>
+
=== Cryptsetup ===
 +
[https://wiki.golem.linux.it/Installare_Arch_Linux_in_una_partizione_cifrata Partizione cifrata]
  
=== Sostituzione del disco danneggiato ===
+
[https://guide.debianizzati.org/index.php/Volumi_criptati_LUKS_-_Creazione_e_uso_con_cryptmount Volumi_criptati_LUKS]
Spegnere il computer, rimuovere il disco guasto e collegarne al suo posto uno funzionante.
 
  
'''NB: il nuovo disco dovrà essere di dimensioni uguali o maggiori del disco sostituito'''
+
=== [https://wiki.archlinux.org/title/Fscrypt FScrypt] ===
  
Installato il nuovo disco, riaccendere il PC, loggarsi come root e ricreare sul nuovo sdb le stesse partizioni presenti su sda:
+
=== [[Appunti_Arch_Linux#ZFS_Cifrato|ZFS]] ===
# sfdisk -d /dev/sda | sfdisk /dev/sdb
 
# fdisk -l ''(per controllare che le partizioni siano uguali)''
 
  
=== Ripristino del RAID 1 ===
+
= RAID mdadm =
Aggiungere ''/dev/sdb3'' a ''/dev/md3''
+
Su Linux era possibile effettuare RAID via software anche prima dell'avvento di filesystem di nuova generazione come btrfs o zfs. Per fare ciò è possibile utilizzare il comando <code>mdadm</code>.
# mdadm --manage /dev/md3 --add /dev/sdb3
 
  
Se avessimo più array (es. md1, md2...) contenenti partizioni del disco sdb (sdb1, sdb2...), l'operazione andrebbe ripetuta per ciascuno di essi es.:
+
Vedere l'organizzazione della tabella delle partizioni dei dischi
  # mdadm --manage /dev/md1 --add /dev/sdb1
+
$ lsblk
  
Controllare che tutto sia andato a buon fine
+
sda      8:16  0 447.1G  0 disk
  # cat /proc/mdstat
+
├─sda1  8:17  0  500M  0 part
 +
  ├─sda2  8:18  0    16G  0 part [SWAP]
 +
└─sda3  8:19  0 430.6G  0 part /
 +
                               
 +
sdb      8:32  1  3.7G  0 disk
 +
├─sdb1  8:33  1  3.5G  0 part
 +
├─sdb2  8:34  1  239M  0 part [SWAP]
 +
└─sdb3  8:19  0 430.6G  0 part /
  
= LVM =
+
Nell'esempio ci sono due dischi (sda, sdb) contenenti 3 partizioni: EFI, SWAP e Linux.
Il [https://access.redhat.com/documentation/en-us/red_hat_enterprise_linux/9/html-single/configuring_and_managing_logical_volumes/index#creating-and-managing-thinly-provisioned-volumes_configuring-and-managing-logical-volumes Logical Volume Manager] (LVM o gestore logico dei volumi) è un software per la gestione dei dischi che permette di superare le limitazioni legate al normale partizionamento di questi ultimi. Si tratta di una specie di ''strato'' che si va a frapporre tra il dispositivo fisico ed il filesystem. Permette di gestire dinamicamente aggiunta, rimozione o ridimensionamento dello spazio di archiviazione, il RAID, nonché lo snapshot dei volumi.
 
  
LVM è un prodotto oltremodo maturo, disponibile per Linux sin dal kernel 2.4, per questa ragione distribuzioni orientate al mercato aziendale come RedHat lo hanno scelto, accoppiandolo a XFS o ext4, come soluzione predefinita per implementare la maggior parte delle caratteristiche fornite dai moderni filesystem come BTRFS o ZFS
+
== RAID 0 ==
 +
Creare un volume ''md3'' che costituito dalla somma delle due partizioni sda3 e sdb3
 +
# mdadm --create --verbose /dev/md3 --level=0 --raid-devices=2 /dev/sda3 /dev/sdb3
  
LVM si basa sui seguenti concetti
+
Verificare che il raid funzioni correttamente
 +
# mdadm --detail /dev/md0
  
* '''Physical Volumes (PV)''': rappresentano qualsiasi disco si voglia inizializzare ("formattare") come sottosistema LVM
+
Utilizzare il nuovo volume md3, formattato col filesystem XFS, per una nuova installazione di Arch Linux (montandolo in /mnt)
  # pvcreate /dev/sda1
+
  # mkfs.xfs /dev/md3
  # pvcreate /dev/sdb3
+
  # mount /dev/md3 /mnt/
# pvcreate /dev/sdc
 
# pvdisplay
 
  
* '''Volume Groups (VG)''': sono costituiti da ''physical volumes'' e rappresentano la capacità totale delle risorse di un LVM
+
Per memorizzare l'array nel file di configurazione
  # vgcreate vg0 /dev/sda1 /dev/sdb3 /dev/sdc
+
  # mdadm –Es > /etc/mdadm.conf
# vgdisplay vg0
 
  
* '''Logical Volumes (LV)''': utilizzano le risorse messe a disposizione dai ''volume groups''. Possono essere inizializzati anche con proprietà di RAID o cache.
+
== RAID 1 ==
  # lvcreate -L 10G -n ''home'' vg0
+
Creare un volume ''md3'' mirror delle due partizioni sda3 e sdb3
# lvdisplay /dev/vg0/home
+
  # mdadm --create /dev/md3 /dev/sda3 /dev/sdb3 --level=1 --raid-devices=2
  
Oppure nel caso volessimo fare un raid5
+
== RAID 5 ==
# lvcreate -n lvr5 –type raid5 -L 10G -i 3 vg0
+
Creare un volume ''md3'' con un [https://en.wikipedia.org/wiki/Standard_RAID_levels#RAID_5 raid5], ovviamente stavolta occorreranno almeno 3 dischi es.: sda3, sdb3, sdc3.
 
-n ''nome del volume''
 
–type raid5 ''tipo di raid''
 
-L ''dimensione massima della grandezza del raid''
 
-i ''numero dei physical volumes che si vogliono utilizzare''
 
  
Per formattare il volume logico appena creato
+
Per creare tre partizioni tutte della stessa dimensione è possibile copiare su sdb e sdc la tabella delle partizioni di sda
  # mkfs -t ext4 /dev/vg0/lvr5
+
  # sfdisk -d /dev/sda | sfdisk /dev/sdb
 +
#  sfdisk -d /dev/sda | sfdisk /dev/sdc
  
Per aggiungere un disco ad un Volume Groups
+
Creare l'array in raid5
  # vgextend vg0 /dev/sdb2
+
  # mdadm --create /dev/md/md3 /dev/sda1 /dev/sdb1 /dev/sdc1 --level=5 --raid-devices=3 --bitmap=internal
  
 +
== Modificare l'array ==
 +
È possibile passare da raid1 a raid5
 +
# mdadm --grow /dev/md3 --level=5
 +
# mdadm --grow /dev/md3 --add /dev/sdc3 --raid-devices=3
  
== Snapshot ==
+
== Accorgersi di un guasto ==
Creare uno snapshot della del volume logico ''/home'' che potrà contenere fino ad un massimo di 5 GiB di dati modificati rispetto all'originale
+
Nei raid 1 e 5 in caso di danneggiamento di un disco sarà possibile sostituirlo e ricostruire l'array senza perdere dati. Nell'ipotesi di avere un guasto su '''sdb''' in un raid1 comparirà qualcosa di simile a questo eseguendo <code>cat /proc/mdstat</code>
  # lvcreate --size 5G --snapshot --name homesnap20230306 /dev/vg0/home
+
md3 : active raid1 sda3[1]
 +
''blocks [2/2] [U_]''  
 +
invece che
 +
  md3 : active raid1 sda3[1] '''sdb3'''[0]
 +
      262016 blocks [2/2] [UU]
  
Ripristinare il volume logico ricaricando lo snapshot
+
===Rimuovere il disco danneggiato dal RAID===
  # lvconvert --merge /dev/vg0/homesnap20230306
+
Si dovrà marcare sdb3 come danneggiata e andrà rimossa dall'array.
 +
# mdadm --manage /dev/md3 --fail /dev/sdb3
 +
  # mdadm --manage /dev/md3 --remove /dev/sdb3
  
Nel caso il logical volume sia attivo il merging avverrà col prossimo riavvio e lo snapshot sparirà.
+
Se avessimo più array (es. md1, md2...) contenenti partizioni del disco sdb (sdb1, sdb2...), l'operazione andrebbe ripetuta per ciascuno di essi es.:
 +
# mdadm --manage /dev/md1 --fail /dev/sdb1
 +
# mdadm --manage /dev/md1 --remove /dev/sdb1
  
== Cache ==
+
#  cat /proc/mdstat
Utilizzare un moderno disco a stato solido può essere una soluzione economica per velocizzare un LV.
+
Personalities : [linear] [multipath] [raid0] [raid1] [raid5] [raid4] [raid6] [raid10]
 +
md0 : active raid1 sda3[0]
 +
24418688 blocks [2/1] [U_]
  
Convertire il disco a PV ed aggiungerlo al preesistente VG
+
  unused devices: <none>
  # pvcreate ''/dev/discoSSD''
 
# vgextend vg0 ''/dev/discoSSD''
 
  
Aggiungere la cache al LV
+
=== Sostituzione del disco danneggiato ===
# lvcreate --type cache --cachemode writethrough -l 100%FREE -n root_cachepool vg0/home ''/dev/discoSSD''
+
Spegnere il computer, rimuovere il disco guasto e collegarne al suo posto uno funzionante.
  
Rimuovere la cache dal LV
+
'''NB: il nuovo disco dovrà essere di dimensioni uguali o maggiori del disco sostituito'''
# lvconvert --uncache vg0/home
 
  
= Boot loader =
+
Installato il nuovo disco, riaccendere il PC, loggarsi come root e ricreare sul nuovo sdb le stesse partizioni presenti su sda:
È possibile scegliere tra più bootloader: GRUB, Lilo, Syslinux o addirittura il bootloader integrato del systemd (systemd-boot). Ma dato che GRUB è utilizzabile pressoché in ogni circostanza: schede madri BIOS, UEFI; Secure Boot, hard disk, floppy, CD-ROM... in questa guida mi limiterò alla sua configurazione, tralasciando le alternative.
+
# sfdisk -d /dev/sda | sfdisk /dev/sdb
 +
# fdisk -l ''(per controllare che le partizioni siano uguali)''
  
=== Sistema con BIOS ===
+
=== Ripristino del RAID 1 ===
# pacman -S grub
+
Aggiungere ''/dev/sdb3'' a ''/dev/md3''
  # grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
+
  # mdadm --manage /dev/md3 --add /dev/sdb3
# grub-install /dev/sda
 
  
=== Sistema UEFI ===
+
Se avessimo più array (es. md1, md2...) contenenti partizioni del disco sdb (sdb1, sdb2...), l'operazione andrebbe ripetuta per ciascuno di essi es.:
# pacman -S grub
+
  # mdadm --manage /dev/md1 --add /dev/sdb1
# mkdir /boot/EFI
 
# mount /dev/sda1 /boot/EFI
 
# grub-install --target=x86_64-efi --efi-directory=$esp --bootloader-id=grub --recheck --debug
 
# grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
 
  
=== Gestione snapshot BTRFS ===
+
Controllare che tutto sia andato a buon fine
 +
# cat /proc/mdstat
  
==== Manuale ====
+
= LVM =
Editare ''/etc/grub.d/40_custom'' (o crearlo) e aggiungere quanto segue per permettere l'avvio della snapshot ''rootsnap''
+
Il [https://access.redhat.com/documentation/en-us/red_hat_enterprise_linux/9/html-single/configuring_and_managing_logical_volumes/index#creating-and-managing-thinly-provisioned-volumes_configuring-and-managing-logical-volumes Logical Volume Manager] (LVM o gestore logico dei volumi) è un software per la gestione dei dischi che permette di superare le limitazioni legate al normale partizionamento di questi ultimi. Si tratta di una specie di ''strato'' che si va a frapporre tra il dispositivo fisico ed il filesystem. Permette di gestire dinamicamente aggiunta, rimozione o ridimensionamento dello spazio di archiviazione, il RAID, nonché lo snapshot dei volumi.
  
menuentry 'Linux snapshot' {
+
LVM è un prodotto oltremodo maturo, disponibile per Linux sin dal kernel 2.4, per questa ragione distribuzioni orientate al mercato aziendale come RedHat lo hanno scelto, accoppiandolo a XFS o ext4, come soluzione predefinita per implementare la maggior parte delle caratteristiche fornite dai moderni filesystem come BTRFS o ZFS
        insmod gzio
 
        insmod part_gpt
 
        insmod btrfs
 
        set root='hd1,gpt3'
 
        linux  /rootsnap/boot/vmlinuz-linux root=/dev/partizione rw rootflags=subvol=rootsnap  quiet
 
        initrd  /rootsnap/boot/initramfs-linux.img
 
}
 
  
dopodichè aggiornare la configurazione di GRUB con
+
LVM si basa sui seguenti concetti
# grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
 
  
==== Automatico ====
+
* '''Physical Volumes (PV)''': rappresentano qualsiasi disco si voglia inizializzare ("formattare") come sottosistema LVM
Per facilitare la gestione lei sottovolumi e delle snapshot del BTRFS Arch offre il pacchetto ''grub-btrfs'', la sua installazione provvederà ad aggiungere tutti i sottovolumi contenenti un sistema Linux al menu di grub.
+
# pvcreate /dev/sda1
  # pacman -S grub-btrfs
+
# pvcreate /dev/sdb3
 +
# pvcreate /dev/sdc
 +
# pvdisplay
 +
 
 +
* '''Volume Groups (VG)''': sono costituiti da ''physical volumes'' e rappresentano la capacità totale delle risorse di un LVM
 +
# vgcreate vg0 /dev/sda1 /dev/sdb3 /dev/sdc
 +
  # vgdisplay vg0
  
Ogni volta che si vorrà aggiornare grub con nuovi subvolumi basterà dare il seguente comando
+
* '''Logical Volumes (LV)''': utilizzano le risorse messe a disposizione dai ''volume groups''. Possono essere inizializzati anche con proprietà di RAID o cache.
 +
# lvcreate -L 10G -n ''home'' vg0
 +
# lvdisplay /dev/vg0/home
  
  # grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
+
Oppure nel caso volessimo fare un raid5
 +
  # lvcreate -n lvr5 –type raid5 -L 10G -i 3 vg0
 +
 +
-n ''nome del volume''
 +
–type raid5 ''tipo di raid''
 +
-L ''dimensione massima della grandezza del raid''
 +
-i ''numero dei physical volumes che si vogliono utilizzare''
  
=== Ripristinare GRUB ===
+
Per formattare il volume logico appena creato
Aggiornando la propria distribuzione Linux, il proprio boot loader o installando un altro sistema operativo (es. Windows) può capitare di sovrascrivere il [http://it.wikipedia.org/wiki/Master_boot_record MBR].
+
# mkfs -t ext4 /dev/vg0/lvr5
  
Avviare il computer con un liveCD/DVD o USB:
+
Per aggiungere un disco ad un Volume Groups
* [http://archlinux.mirror.garr.it/archlinux/iso/latest/archlinux-x86_64.iso Archlinux]
+
# vgextend vg0 /dev/sdb2
* [http://www.sysresccd.org/Download Systemrescuecd]
 
* [http://grml.org/download/ grml]
 
* [http://na.mirror.garr.it/mirrors/ubuntu-releases/ Ubuntu]
 
  
Ipotizziamo di avere una partizione / chiamata /dev/sda2 e nessuna /boot
 
  
Creiamo i seguenti mount point
+
== Snapshot ==
# sudo su
+
Creare uno snapshot della del volume logico ''/home'' che potrà contenere fino ad un massimo di 5 GiB di dati modificati rispetto all'originale
# cd /mnt
+
  # lvcreate --size 5G --snapshot --name homesnap20230306 /dev/vg0/home
  # mkdir sda2
 
# mount /dev/sda2 /mnt/sda2
 
  
Se utilizziamo una scheda madre UEFI andrà montata anche la partizione efi (solitamente è la prima partizione del disco ''sda1'')
+
Ripristinare il volume logico ricaricando lo snapshot
  # mount /dev/sda2 /mnt/sda2/boot/efi
+
  # lvconvert --merge /dev/vg0/homesnap20230306
  
Se necessario editiamo il file di configurazione di grub
+
Nel caso il logical volume sia attivo il merging avverrà col prossimo riavvio e lo snapshot sparirà.
  # nano /mnt/sda2/boot/grub/grub.cfg
 
  
==== arch-chroot ====
+
== Cache ==
Se stiamo utilizzando un sistema basato su Arch Linux, utilizzando l'utility ''arch-chroot'' presente nel pacchetto ''arch-install-scripts'' potremo automatizzare il processo di chroot con un solo comando
+
Utilizzare un moderno disco a stato solido può essere una soluzione economica per velocizzare un LV.
  
  # arch-chroot /mnt/sda2
+
Convertire il disco a PV ed aggiungerlo al preesistente VG
 +
  # pvcreate ''/dev/discoSSD''
 +
# vgextend vg0 ''/dev/discoSSD''
  
==== Manuale ====
+
Aggiungere la cache al LV
  # mount --rbind /dev /mnt/sda2/dev
+
  # lvcreate --type cache --cachemode writethrough -l 100%FREE -n root_cachepool vg0/home ''/dev/discoSSD''
  # mount -t proc /proc /mnt/sda2/proc
+
 
# mount -t sysfs /sys /mnt/sda2/sys/
+
Rimuovere la cache dal LV
 +
  # lvconvert --uncache vg0/home
  
Eseguiamo il vero e proprio chroot in /dev/sda2
+
= GRUB (Boot loader) =
# chroot /mnt/sda2
+
È possibile scegliere tra più bootloader: GRUB, Lilo, Syslinux o addirittura il bootloader integrato del systemd (systemd-boot). Ma dato che GRUB è utilizzabile pressoché in ogni circostanza: schede madri BIOS, UEFI; Secure Boot, hard disk, floppy, CD-ROM... in questa guida mi limiterò alla sua configurazione, tralasciando le alternative.
  
==== Reinstallazione ====
+
== Sistema con BIOS ==
 +
# pacman -S grub
 
  # grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
 
  # grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
 
  # grub-install /dev/sda
 
  # grub-install /dev/sda
  
==== Riavvio del sistema ====
+
== Sistema UEFI ==
Usciamo dal chroot, smontiamo la partizione e riavviamo il sistema
+
'''NB: per installare correttamente GRUB su un sistema UEFI occorre che il device di installazione abbia effettuato il boot in modalità UEFI e non Legacy (BIOS)'''
# exit
 
# umount /mnt/sda1/proc
 
# umount /mnt/sda1/dev
 
# umount /mnt/sda1
 
# systemctl reboot
 
  
= Networking =
+
# pacman -S grub
 +
# mkdir /boot/EFI
 +
# mount /dev/sda1 /boot/EFI
 +
# grub-install /dev/sda
 +
# grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
  
== Manuale ==
+
== Gestione snapshot BTRFS ==
===net-tools===
 
Storica serie di utility per gestire le interface di rete, presente da decenni nell'installazione base della maggior parte delle distribuzioni Linux, ma attualmente considerata [https://lists.debian.org/debian-devel/2009/03/msg00780.html obsoleta]. Tra i suoi comandi principali: arp, hostname, ifconfig, iptunnel netstat e route.
 
  
Attivare l'interfaccia di rete eth0 ed assegnarle l'indirizzo ip 192.168.0.2
+
=== Manuale ===
  # ifconfig eth0 192.168.0.2 up
+
Editare ''/etc/grub.d/40_custom'' (o crearlo) e aggiungere quanto segue per permettere l'avvio della snapshot ''rootsnap''
 +
 
 +
menuentry 'Linux snapshot' {
 +
        insmod gzio
 +
        insmod part_gpt
 +
        insmod btrfs
 +
        set root='hd1,gpt3'
 +
        linux  /rootsnap/boot/vmlinuz-linux root=/dev/partizione rw rootflags=subvol=rootsnap  quiet
 +
        initrd  /rootsnap/boot/initramfs-linux.img
 +
}
 +
 
 +
dopodichè aggiornare la configurazione di GRUB con
 +
  # grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
  
Disattivare l'interfaccia di rete eth0
+
=== Automatico ===
  # ifconfig eth0 down
+
Per facilitare la gestione lei sottovolumi e delle snapshot del BTRFS Arch offre il pacchetto ''grub-btrfs'', la sua installazione provvederà ad aggiungere tutti i sottovolumi contenenti un sistema Linux al menu di grub.
 +
  # pacman -S grub-btrfs
  
Assegnare manualmente un gateway (es.: 192.168.0.1) alla rete
+
Ogni volta che si vorrà aggiornare grub con nuovi subvolumi basterà dare il seguente comando
# route add default gw 192.168.0.1
 
  
Ovviamente occorrerà aggiungere un server DNS al file <code>/etc/resolv.conf</code> per la risoluzione degli indirizzi.
+
# grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
  
=== iproute2 ===
+
== Ripristinare GRUB ==
{| class="wikitable sortable"
+
Aggiornando la propria distribuzione Linux, il proprio boot loader o installando un altro sistema operativo (es. Windows) può capitare di sovrascrivere il [http://it.wikipedia.org/wiki/Master_boot_record MBR].
|+ Conversione comandi da net-tools a iproute2
+
 
|-
+
Avviare il computer con un liveCD/DVD o USB:
! net-tools
+
* [http://archlinux.mirror.garr.it/archlinux/iso/latest/archlinux-x86_64.iso Archlinux]
! iproute2
+
* [http://www.sysresccd.org/Download Systemrescuecd]
! Note
+
* [http://grml.org/download/ grml]
|-
+
* [http://na.mirror.garr.it/mirrors/ubuntu-releases/ Ubuntu]
| ifconfig
+
 
| ip addr, ip link
+
Ipotizziamo di avere una partizione / chiamata /dev/sda2 e nessuna /boot
| Address and link configuration
+
 
|-
+
Creiamo i seguenti mount point
| route
+
# sudo su
| ip route
+
# cd /mnt
| Routing tables
+
# mkdir sda2
|-
+
# mount /dev/sda2 /mnt/sda2
| arp
 
| ip neigh
 
| Neighbors
 
|-
 
| iptunnel
 
| ip tunnel
 
| Tunnels
 
|-
 
| nameif, ifrename
 
| ip link set name
 
| Rename network interfaces
 
|-
 
| ipmaddr
 
| ip maddr
 
| Multicast
 
|-
 
| netstat
 
| ss, ip route
 
| Show various networking statistics
 
|-
 
| brctl
 
| bridge
 
| Handle bridge addresses and devices
 
|}
 
  
Elencare gli indirizzi IP:
+
Se utilizziamo una scheda madre UEFI andrà montata anche la partizione efi (solitamente è la prima partizione del disco ''sda1'')
  # ip addr
+
  # mount /dev/sda2 /mnt/sda2/boot/efi
  
Mostra le informazioni di una specifica interfaccia di rete
+
Se necessario editiamo il file di configurazione di grub
# ip addr show ''eth0''
+
  # nano /mnt/sda2/boot/grub/grub.cfg
  
Aggiungere un indirizzo all'interfaccia eth0:
+
=== arch-chroot ===
# ip addr add 192.0.2.10/24 dev eth0
+
Se stiamo utilizzando un sistema basato su Arch Linux, utilizzando l'utility ''arch-chroot'' presente nel pacchetto ''arch-install-scripts'' potremo automatizzare il processo di chroot con un solo comando
  
Cancellare un indirizzo associato all'interfaccia eth0:
+
  # arch-chroot /mnt/sda2
  # ip addr delete 192.0.2.10/24 dev eth0
 
  
Attivare l'interfaccia eth0:
+
=== Manuale ===
  # ip link set dev eth0 up
+
  # mount --rbind /dev /mnt/sda2/dev
 +
# mount -t proc /proc /mnt/sda2/proc
 +
# mount -t sysfs /sys /mnt/sda2/sys/
  
Disattivare l'interfaccia eth0:
+
Eseguiamo il vero e proprio chroot in /dev/sda2
  # ip link set dev eth0 down
+
  # chroot /mnt/sda2
  
Svuotare la cache arp per tutte le interfacce:
+
=== Reinstallazione ===
  # ip neigh flush all
+
  # grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
 +
# grub-install /dev/sda
  
Aggiungere una rotta che passa per gateway 192.0.2.1
+
=== Riavvio del sistema ===
  #ip route add default via 192.168.0.1
+
Usciamo dal chroot, smontiamo la partizione e riavviamo il sistema
 +
# exit
 +
# umount /mnt/sda1/proc
 +
# umount /mnt/sda1/dev
 +
# umount /mnt/sda1
 +
  # systemctl reboot
  
Aggiungere una rotta che passa per gateway 192.168.2.1 per l'interfaccia 10.0.2.0
+
== Eliminare il boot loader ==
  # ip route add 10.0.2.1/24 via 192.168.0.1 dev enp0s3
+
In caso di errori nell'installazione di GRUB è possibile cancellare il vecchio boot loader di un disco (<code>''devicename'' = sda,sdb,sdc...</code>)
 +
  # dd if=/dev/zero of=''/dev/devicename'' bs=446 count=1
 +
 
 +
== ISOBoot ==
 +
Con GRUB2 è possibile effettuare il boot di iso di LiveCD/USB Linux presenti sul disco aggiungendole su <code>/etc/grub.d/40_custom </code>
  
Aggiungere una rotta che passa per gateway 192.168.2.1 per l'interfaccia 10.0.2.0
+
* Ubuntu 23.04
  # ip route del 10.0.2.0/24 via 192.168.0.1 dev enp0s3
+
menuentry "Ubuntu 23.04 desktop ISO" {
 +
        insmod part_gpt
 +
        insmod ext2
 +
        insmod btrfs
 +
        rmmod tpm
 +
    # es.: terza partizione del primo disco
 +
        set root=(hd0,gpt3)
 +
        set isofile="/home/'''<username>'''/Downloads/ubuntu-23.04-desktop-amd64.iso"
 +
        loopback loop $isofile
 +
        linux (loop)/casper/vmlinuz boot=casper iso-scan/filename=$isofile quiet splash
 +
        initrd (loop)/casper/initrd
 +
  }
  
Mostrare la tabella di routing
+
= Networking =
# ip route show
 
  
== Systemd-networkd==
+
== Manuale ==
'''[https://wiki.archlinux.org/title/Systemd-networkd systemd-networkd'''] è un demone, parte di systemd, che gestisce la configurazione della rete.
+
===net-tools===
 +
Storica serie di utility per gestire le interface di rete, presente da decenni nell'installazione base della maggior parte delle distribuzioni Linux, ma attualmente considerata [https://lists.debian.org/debian-devel/2009/03/msg00780.html obsoleta]. Tra i suoi comandi principali: arp, hostname, ifconfig, iptunnel netstat e route.
  
=== Esempi di configurazione ===
+
Attivare l'interfaccia di rete eth0 ed assegnarle l'indirizzo ip 192.168.0.2
Per prima cosa sarà necessario abilitare il servizio
+
  # ifconfig eth0 192.168.0.2 up
  # systemctl start systemd-networkd.service
 
  
==== DHCP ====
+
Disattivare l'interfaccia di rete eth0
/etc/systemd/network/20-wired.network
+
  # ifconfig eth0 down
[Match]
 
Name=enp1s0
 
[Network]
 
  DHCP=yes
 
  
==== IP statico ====
+
Assegnare manualmente un gateway (es.: 192.168.0.1) alla rete
/etc/systemd/network/20-wired.network
+
  # route add default gw 192.168.0.1
[Match]
 
Name=enp1s0
 
[Network]
 
Address=10.1.10.9/24
 
Gateway=10.1.10.1
 
  DNS=10.1.10.1
 
  
==== Wireless adapter ====
+
Ovviamente occorrerà aggiungere un server DNS al file <code>/etc/resolv.conf</code> per la risoluzione degli indirizzi.
Per potersi connettere a connessioni WIFI è necessario installare e configurare un'ulteriore applicazione dedicata come '''iwd''' o '''wpa_supplicant''' per l'autenticazione alla rete.
 
  
/etc/systemd/network/25-wireless.network
+
=== iproute2 ===
[Match]
+
{| class="wikitable sortable"
Name=wlp2s0
+
|+ Conversione comandi da net-tools a iproute2
[Network]
+
|-
DHCP=yes
+
! net-tools
IgnoreCarrierLoss=3s
+
! iproute2
 
+
! Note
 
 
==== Rinominare l'interfaccia di rete ====
 
Invece che impostare una regola su udev è possibile usare un file di testo .link nel seguente modo
 
 
 
/etc/systemd/network/''10-ethusb0.link''
 
[Match]
 
MACAddress=12:34:56:78:90:ab
 
[Link]
 
Description=USB to Ethernet Adapter
 
Name=''ethusb0''
 
 
 
== Wifi ==
 
{| class="wikitable"
 
! [https://wiki.archlinux.org/title/Network_configuration/Wireless#Utilities Programmi] !! [https://wireless.wiki.kernel.org/en/developers/documentation/wireless-extensions WEXT] !! [https://wireless.wiki.kernel.org/en/developers/documentation/nl80211 nl80211] !! WEP !! WPA
 
 
|-
 
|-
| [https://hewlettpackard.github.io/wireless-tools/Tools.html wireless_tools] || Sì || No || Sì || No
+
| ifconfig
 +
| ip addr, ip link
 +
| Address and link configuration
 
|-
 
|-
| [https://wireless.wiki.kernel.org/en/users/documentation/iw iw] || No || || || No
+
| route
 +
| ip route
 +
| Routing tables
 +
|-
 +
| arp
 +
| ip neigh
 +
| Neighbors
 +
|-
 +
| iptunnel
 +
| ip tunnel
 +
| Tunnels
 
|-
 
|-
| [https://wiki.archlinux.org/title/wpa_supplicant wpa_supplicant] || || || No ||
+
| nameif, ifrename
 +
| ip link set name
 +
| Rename network interfaces
 +
|-
 +
| ipmaddr
 +
| ip maddr
 +
| Multicast
 +
|-
 +
| netstat
 +
| ss, ip route
 +
| Show various networking statistics
 
|-
 
|-
| [https://wiki.archlinux.org/title/Iwd iwd]/iwgtk || No || Sì || No || Sì
+
| brctl
 +
| bridge
 +
| Handle bridge addresses and devices
 
|}
 
|}
  
== NetworkManager ==
+
Elencare gli indirizzi IP:
[https://networkmanager.dev/ NetworkManager] è una utility che si è imposta come standard per la configurazione della reti Linux (LAN e Wifi)
+
# ip addr
 +
 
 +
Mostra le informazioni di una specifica interfaccia di rete
 +
# ip addr show ''eth0''
  
Si compone di un demone, un'interfaccia da riga di comando [https://access.redhat.com/documentation/en-us/red_hat_enterprise_linux/9/html/configuring_basic_system_settings/assembly_configuring-and-managing-network-access_configuring-basic-system-settings#configuring-a-static-ethernet-connection-using-nmcli_assembly_configuring-and-managing-network-access (nmcli)] ed un'interfaccia di configurazione basata su un menu testuale ([https://access.redhat.com/documentation/en-us/red_hat_enterprise_linux/9/html/configuring_basic_system_settings/assembly_configuring-and-managing-network-access_configuring-basic-system-settings nmtui]).
+
Aggiungere un indirizzo all'interfaccia eth0:
 +
# ip addr add 192.0.2.10/24 dev eth0
  
I principali desktop enviroment come GNOME e KDE Plasma possiedono una utility grafica che consente loro di configurare graficamente le reti basandosi su NetworkManager.
+
Cancellare un indirizzo associato all'interfaccia eth0:
 +
# ip addr delete 192.0.2.10/24 dev eth0
  
=== Installazione ===
+
Attivare l'interfaccia eth0:
  # pacman -S networkmanager
+
  # ip link set dev eth0 up
# systemctl enable NetworkManager
 
# systemctl start NetworkManager
 
  
==== Configurazione  ====
+
Disattivare l'interfaccia eth0:
* Menu di configurazione: qualora si utilizzi un sistema privo di interfaccia grafica e si desideri configurare una rete wifi si consiglia caldamente l'utilizzo dell'applicazione <code>nmtui</code>
+
# ip link set dev eth0 down
  
* Per chi dovesse prediligere la configurazione manuale: <code>nmcli</code>
+
Svuotare la cache arp per tutte le interfacce:
 +
# ip neigh flush all
  
* Per impedire a Network Manager di gestire una certa interfaccia di rete è sufficiente aggiungere il suo MAC Address al file di configurazione <code>/etc/NetworkManager/NetworkManager.conf</code>
+
Aggiungere una rotta che passa per gateway 192.0.2.1
 +
# ip route add default via 192.0.2.1
  
[main]
+
Aggiungere una rotta che passa per gateway 192.168.2.1 per l'interfaccia 10.0.2.0
plugins=keyfile
+
  # ip route add 10.0.2.1/24 via 192.168.0.1 dev enp0s3
[keyfile]
 
  unmanaged-devices=mac:''00:25:21:73:90:72''
 
  
=== Alternative ===
+
Aggiungere una rotta che passa per gateway 192.168.2.1 per l'interfaccia 10.0.2.0
* [https://wiki.archlinux.org/title/ConnMan ConnMan]
+
# ip route del 10.0.2.0/24 via 192.168.0.1 dev enp0s3
  
== Condividere la connessione ==
+
Mostrare la tabella di routing
 +
# ip route show
  
=== Abilitazione del forwarding dei pacchetti ===
+
== Systemd-networkd==
 +
'''[https://wiki.archlinux.org/title/Systemd-networkd systemd-networkd'''] è un demone, parte di systemd, che gestisce la configurazione della rete.
  
  $ sudo echo 1 > /proc/sys/net/ipv4/ip_forward
+
=== Esempi di configurazione ===
 +
Per prima cosa sarà necessario abilitare il servizio
 +
  # systemctl enable --now systemd-networkd.service
 +
# systemctl enable --now systemd-resolved.service
 +
# ln -rsf /run/systemd/resolve/stub-resolv.conf /etc/resolv.conf
  
Per rendere il forwarding definitivo editare il file ''/etc/sysctl.conf'' modificando come segue il parametro net.ipv4.ip_forward:
+
==== DHCP ====
 +
/etc/systemd/network/20-wired.network
 +
[Match]
 +
Name=enp1s0
 +
[Network]
 +
DHCP=yes
  
  net.ipv4.ip_forward = 1
+
==== IP statico ====
 +
/etc/systemd/network/20-wired.network
 +
[Match]
 +
Name=enp1s0
 +
[Network]
 +
Address=10.1.10.9/24
 +
  Gateway=10.1.10.1
 +
DNS=10.1.10.1
  
 +
==== Wireless adapter ====
 +
Per potersi connettere a connessioni WIFI è necessario installare e configurare un'ulteriore applicazione dedicata come '''iwd''' o '''wpa_supplicant''' per l'autenticazione alla rete.
  
=== Mascheramento dei pacchetti ===
+
/etc/systemd/network/25-wireless.network
 +
[Match]
 +
Name=wlp2s0
 +
[Network]
 +
DHCP=yes
 +
IgnoreCarrierLoss=3s
  
$ sudo iptables -t nat -A POSTROUTING -o eth0 -j MASQUERADE
 
  
''eth0'' non è un parametro fisso, identifica l'interfaccia con la quale il PC si connette ad Internet
+
==== Rinominare l'interfaccia di rete ====
 +
Invece che impostare una regola su udev è possibile usare un file di testo .link nel seguente modo
  
Per applicare automaticamente tale regola ad ogni riavvio
+
/etc/systemd/network/''10-ethusb0.link''
# iptables-save > /etc/iptables.ipv4.nat
+
[Match]
  # iptables-restore < /etc/iptables.ipv4.nat
+
MACAddress=12:34:56:78:90:ab
 +
[Link]
 +
Description=USB to Ethernet Adapter
 +
  Name=''ethusb0''
  
=== Moduli kernel ===
+
== Wifi ==
 +
{| class="wikitable"
 +
! [https://wiki.archlinux.org/title/Network_configuration/Wireless#Utilities Programmi] !! [https://wireless.wiki.kernel.org/en/developers/documentation/wireless-extensions WEXT] !! [https://wireless.wiki.kernel.org/en/developers/documentation/nl80211 nl80211] !! WEP !! WPA
 +
|-
 +
| [https://hewlettpackard.github.io/wireless-tools/Tools.html wireless_tools] || Sì || No || Sì || No
 +
|-
 +
| [https://wireless.wiki.kernel.org/en/users/documentation/iw iw] || No || Sì || Sì || No
 +
|-
 +
| [https://wiki.archlinux.org/title/wpa_supplicant wpa_supplicant] || Sì || Sì || No || Sì
 +
|-
 +
| [https://wiki.archlinux.org/title/Iwd iwd]/iwgtk || No || Sì || No || Sì
 +
|}
  
Assicurarsi che siano caricati i seguenti moduli:
+
== NetworkManager ==
# modprobe ip_tables
+
[https://networkmanager.dev/ NetworkManager] è una utility che si è imposta come standard per la configurazione della reti Linux (LAN e Wifi)
# modprobe ip_conntrack
 
# modprobe iptable_nat
 
# modprobe ipt_MASQUERADE
 
  
=== Condivisione tramite rete ethernet ===
+
Si compone di un demone, un'interfaccia da riga di comando [https://access.redhat.com/documentation/en-us/red_hat_enterprise_linux/9/html/configuring_basic_system_settings/assembly_configuring-and-managing-network-access_configuring-basic-system-settings#configuring-a-static-ethernet-connection-using-nmcli_assembly_configuring-and-managing-network-access (nmcli)] ed un'interfaccia di configurazione basata su un menu testuale ([https://access.redhat.com/documentation/en-us/red_hat_enterprise_linux/9/html/configuring_basic_system_settings/assembly_configuring-and-managing-network-access_configuring-basic-system-settings nmtui]).
  
==== Configurazione scheda di rete interna ====
+
I principali desktop enviroment come GNOME e KDE Plasma possiedono una utility grafica che consente loro di configurare graficamente le reti basandosi su NetworkManager.
  
Assegnare un IP statico alla scheda ethernet con la quale si vuol condividere la connessione.
+
=== Installazione ===
 +
# pacman -S networkmanager
 +
# systemctl enable NetworkManager
 +
# systemctl start NetworkManager
 +
 
 +
==== Configurazione  ====
 +
* Menu di configurazione: qualora si utilizzi un sistema privo di interfaccia grafica e si desideri configurare una rete wifi si consiglia caldamente l'utilizzo dell'applicazione <code>nmtui</code>
  
# ifconfig eth1 192.168.5.1 netmask 255.255.255.0 up
+
* Per chi dovesse prediligere la configurazione manuale: <code>nmcli</code>
  
Per rendere tale configurazione permanente sarà necessario editare il file ''/etc/network/interfaces'' ed aggiungere la seguente configurazione
+
* Per impedire a Network Manager di gestire una certa interfaccia di rete è sufficiente aggiungere il suo MAC Address al file di configurazione <code>/etc/NetworkManager/NetworkManager.conf</code>
  
  auto eth1
+
  [main]
  iface eth1 inet static
+
  plugins=keyfile
  address 192.168.5.1
+
  [keyfile]
  netmask 255.255.255.0
+
  unmanaged-devices=mac:''00:25:21:73:90:72''
  
=== Condivisione tramite rete WI-FI ===
+
=== Alternative ===
 +
* [https://wiki.archlinux.org/title/ConnMan ConnMan]
  
==== Configurazione scheda wireless ====
+
== Condividere la connessione ==
  
Se non si desidera cifrare la rete e proteggerla con una password sarà sufficiente eseguire questi comandi.
+
=== Abilitazione del forwarding dei pacchetti ===
  
  # iwconfig wlan0 mode Master
+
  $ sudo echo 1 > /proc/sys/net/ipv4/ip_forward
# iwconfig wlan0 ESSID ReteGOLEM
+
 
# iwconfig wlan0 enc off
+
Per rendere il forwarding definitivo editare il file ''/etc/sysctl.conf'' modificando come segue il parametro net.ipv4.ip_forward:
  # ifconfig wlan0 192.168.5.1 netmask 255.255.255.0 up
+
 
 +
  net.ipv4.ip_forward = 1
  
Per rendere tale configurazione permanente sarà necessario editare il file ''/etc/network/interfaces'' ed aggiungere la seguente configurazione
 
  
iface wlan0 inet loopback
+
=== Mascheramento dei pacchetti ===
address 192.168.5.1
 
netmask 255.255.255.0
 
  
===== Proteggere la connessione WI-FI =====
+
$ sudo iptables -t nat -A POSTROUTING -o eth0 -j MASQUERADE
  
Installare il programma hostapd
+
''eth0'' non è un parametro fisso, identifica l'interfaccia con la quale il PC si connette ad Internet
# pacman -S hostapd
 
  
Configurare hostapd modificando ''/etc/hostapd/hostapd.conf''
+
Per applicare automaticamente tale regola ad ogni riavvio
 +
# iptables-save > /etc/iptables.ipv4.nat
 +
# iptables-restore < /etc/iptables.ipv4.nat
  
# Interfaccia di rete
+
=== Moduli kernel ===
interface=wlan0
 
# Driver della scheda wifi usata (non tutte le schede sono supportate)
 
driver=nl80211
 
# Nome della rete (SSID)
 
ssid=ReteGOLEM
 
hw_mode=g
 
# Canale di trasmissione
 
channel=6
 
macaddr_acl=0
 
# Righe per la protezione
 
auth_algs=1
 
ignore_broadcast_ssid=0
 
wpa=2
 
# Password del wifi
 
wpa_passphrase=password
 
wpa_key_mgmt=WPA-PSK
 
wpa_pairwise=TKIP
 
rsn_pairwise=CCMP
 
  
Editare il file ''/etc/default/hostapd'' per impostare ''hostapd.conf'' come file di configurazione predefinito, modificando la riga DAEMON_CONF="":
+
Assicurarsi che siano caricati i seguenti moduli:
 +
# modprobe ip_tables
 +
# modprobe ip_conntrack
 +
# modprobe iptable_nat
 +
# modprobe ipt_MASQUERADE
  
DAEMON_CONF="/etc/hostapd/hostapd.conf"
+
=== Condivisione tramite rete ethernet ===
  
=== Assegnazione automatica degli IP ai client ===
+
==== Configurazione scheda di rete interna ====
  
# pacman -S dhcp
+
Assegnare un IP statico alla scheda ethernet con la quale si vuol condividere la connessione.
  
Editare ''/etc/dhcpd.conf'' aggiungendo la configurazione per la rete interna (es.: eth1 o wlan0):
+
# ifconfig eth1 192.168.5.1 netmask 255.255.255.0 up
  
subnet 192.168.5.0 netmask 255.255.255.0 {
+
Per rendere tale configurazione permanente sarà necessario editare il file ''/etc/network/interfaces'' ed aggiungere la seguente configurazione
range 192.168.5.100  192.168.5.200;
 
option domain-name-servers 8.8.8.8;
 
}
 
  
 +
auto eth1
 +
iface eth1 inet static
 +
address 192.168.5.1
 +
netmask 255.255.255.0
  
== VPN ==
+
=== Condivisione tramite rete WI-FI ===
=== OpenVPN ===
 
https://wiki.archlinux.org/title/OpenVPN
 
  
===L2TP/IPsec VPN===
+
==== Configurazione scheda wireless ====
https://wiki.archlinux.org/title/Openswan_L2TP/IPsec_VPN_client_setup
 
  
= Container =
+
Se non si desidera cifrare la rete e proteggerla con una password sarà sufficiente eseguire questi comandi.
== Toolbox==
 
Toolbox è un tool che permette di creare ed utilizzare container che si integrano col sistema host accedendo ad ogni sua risorsa: directory home dell'utente, X11/Wayland, networking, periferiche esterne. Tutto senza dover mettere mano a nessun file di configurazione. È il modo più semplice per di integrare più distribuzioni all'interno di una stessa macchina Linux.
 
  
=== Immagini ===
+
# iwconfig wlan0 mode Master
* [https://github.com/toolbx-images/images https://github.com/toolbx-images/images] Immagini di container delle principali distribuzioni
+
# iwconfig wlan0 ESSID ReteGOLEM
 +
# iwconfig wlan0 enc off
 +
# ifconfig wlan0 192.168.5.1 netmask 255.255.255.0 up
  
=== Comandi ===
+
Per rendere tale configurazione permanente sarà necessario editare il file ''/etc/network/interfaces'' ed aggiungere la seguente configurazione
Creare un container
 
$ toolbox create -i quay.io/toolbx-images/rhel-toolbox:9.1 -c redhat
 
  
Entrare in un container
+
  iface wlan0 inet loopback
  $ toolbox enter redhat
+
  address 192.168.5.1
   
+
  netmask 255.255.255.0
Fermare un container
 
  $ podman stop nome_macchina
 
  
Rimuovere un container
+
===== Proteggere la connessione WI-FI =====
$ toolbox rm -f redhat
 
  
Rimuovere un container e la sua immagine
+
Installare il programma hostapd
  $ toolbox rmi redhat
+
  # pacman -S hostapd
  
Esaminare la lista dei container e delle immagini disponibili
+
Configurare hostapd modificando ''/etc/hostapd/hostapd.conf''
$ toolbox list
 
  
Permettere agli utenti non root di utilizzare i container
+
# Interfaccia di rete
  $ sudo sh -c 'echo "username:100000:65536" >> /etc/subuid'
+
interface=wlan0
  $ sudo sh -c 'echo "username:100000:65536" >> /etc/subgid'
+
# Driver della scheda wifi usata (non tutte le schede sono supportate)
 +
driver=nl80211
 +
# Nome della rete (SSID)
 +
ssid=ReteGOLEM
 +
hw_mode=g
 +
# Canale di trasmissione
 +
channel=6
 +
macaddr_acl=0
 +
# Righe per la protezione
 +
auth_algs=1
 +
ignore_broadcast_ssid=0
 +
wpa=2
 +
# Password del wifi
 +
wpa_passphrase=password
 +
wpa_key_mgmt=WPA-PSK
 +
wpa_pairwise=TKIP
 +
rsn_pairwise=CCMP
 +
 
 +
Editare il file ''/etc/default/hostapd'' per impostare ''hostapd.conf'' come file di configurazione predefinito, modificando la riga DAEMON_CONF="":
 +
 
 +
DAEMON_CONF="/etc/hostapd/hostapd.conf"
 +
 
 +
=== Assegnazione automatica degli IP ai client ===
 +
 
 +
# pacman -S dhcp
 +
 
 +
Editare ''/etc/dhcpd.conf'' aggiungendo la configurazione per la rete interna (es.: eth1 o wlan0):
 +
 
 +
subnet 192.168.5.0 netmask 255.255.255.0 {
 +
range 192.168.5.100  192.168.5.200;
 +
option domain-name-servers 8.8.8.8;
 +
}
 +
 
 +
 
 +
== VPN ==
 +
=== OpenVPN ===
 +
https://wiki.archlinux.org/title/OpenVPN
 +
 
 +
===L2TP/IPsec VPN===
 +
https://wiki.archlinux.org/title/Openswan_L2TP/IPsec_VPN_client_setup
 +
 
 +
= Container =
 +
== Toolbox==
 +
Toolbox è un tool che permette di creare ed utilizzare container che si integrano col sistema host accedendo ad ogni sua risorsa: directory home dell'utente, X11/Wayland, networking, periferiche esterne. Tutto senza dover mettere mano a nessun file di configurazione. È il modo più semplice per di integrare più distribuzioni all'interno di una stessa macchina Linux.
 +
 
 +
=== Immagini ===
 +
* [https://github.com/toolbx-images/images https://github.com/toolbx-images/images] Immagini di container delle principali distribuzioni
 +
 
 +
=== Comandi ===
 +
Creare un container
 +
$ toolbox create -i quay.io/toolbx-images/rhel-toolbox:9.1 -c redhat
 +
 
 +
Entrare in un container
 +
$ toolbox enter redhat
 +
 +
Fermare un container
 +
$ podman stop nome_macchina
 +
 
 +
Rimuovere un container
 +
$ toolbox rm -f redhat
 +
 
 +
Rimuovere un container e la sua immagine
 +
$ toolbox rmi redhat
 +
 
 +
Esaminare la lista dei container e delle immagini disponibili
 +
$ toolbox list
 +
 
 +
Permettere agli utenti non root di utilizzare i container
 +
  $ sudo sh -c 'echo "username:100000:65536" >> /etc/subuid'
 +
  $ sudo sh -c 'echo "username:100000:65536" >> /etc/subgid'
 +
 
 +
Abilitare l'host al forwarding di X11 per le applicazioni che richiedono Xorg
 +
# xhost +
 +
 
 +
Eseguire un comandi all'interno di un container
 +
$ toolbox run -c redhat libreoffice
 +
 
 +
== LXC ==
 +
[https://wiki.archlinux.org/title/Linux_Containers Linux Container] (LXC) permette di virtualizzare uno o più container Linux su un singolo host LXC, gestendone virtualmente RAM, CPU, socket e rete.
 +
 
 +
È estremamente utile quando si ha bisogno di isolare dei servizi dal sistema host: es.: server web, imap, smtp...
 +
 
 +
=== Installazione ===
 +
Installare LXC
 +
# pacman -S lxc lxc-templates lxcfs lxd
 +
 
 +
=== Comandi ===
 +
Lista dei container installati
 +
lxc-ls -f
 +
 
 +
Installare un container scegliendo l'immagine dalla lista di quelli disponibili
 +
lxc-create -n playtime -t download
 +
 
 +
Se sapete già di quale container avete bisogno sarà possibile scaricarlo direttamente
 +
lxc-create -n playtime -t download -- --dist archlinux --release current --arch amd64
 +
 
 +
Far partire il container chiamato ''debian''
 +
lxc-start debian
 +
 
 +
Entrare dentro il container chiamato ''debian''
 +
lxc-attach debian
 +
 
 +
Fermare l'esecuzione del container chiamato ''debian''
 +
lxc-stop debian
 +
 
 +
Rimuovere il container chiamato ''debian''
 +
lxc-destroy debian
 +
 
 +
Eseguire un comando dentro il container chiamato ''debian''
 +
lxc-attach --name debian nano
 +
 
 +
=== Rete Bridge ===
 +
Nel caso si debbano usare servizi da tenere esposti su Internet potrebbe essere conveniente utilizzare una rete bridge piuttosto che NAT.
 +
 
 +
[https://wiki.debian.org/LXC/SimpleBridge Configurazione] rete bridge.
 +
 
 +
 
 +
== Docker ==
 +
Abilitare ed avviare docker
 +
# systemctl enable --now docker
 +
 
 +
Cercare il container desiderato
 +
# docker search "xxx"
 +
 
 +
Scaricare l'immagine desiderata
 +
# docker pull xxxx:latest
 +
 
 +
Visualizzare le immagini scaricate
 +
# docker images
 +
 
 +
Visualizzare i docker creati
 +
# docker ps -a
 +
 
 +
Avviare docker
 +
# docker start nome_docker
 +
 
 +
Entrare nel docker
 +
# docker attach nome_docker
 +
 
 +
Copiare un file dal sistema host al docker
 +
# docker cp esempio.txt nome_docker: /esempio.txt
 +
 
 +
Copiare un file dal docker.
 +
# docker cp container-id:/path/filename.txt ~/Desktop/filename.txt
 +
 
 +
Rimuovere un docker
 +
# docker rm nome_docker
 +
 
 +
Rimuovere tutti i docker
 +
# docker container stop $(docker container ls -aq)
 +
# docker system prune -a --volumes
  
Abilitare l'host al forwarding di X11 per le applicazioni che richiedono Xorg
+
Avviare automaticamente un docker (da testare)
  # xhost +
+
  # docker run --restart=always --name nome_docker
  
Eseguire un comandi all'interno di un container
+
Creare script di avvio ''docker-webserver''.service
  $ toolbox run -c redhat libreoffice
+
  [Unit]
 
+
Description=Some service
== LXC ==
+
  Requires=docker.service
[https://wiki.archlinux.org/title/Linux_Containers Linux Container] (LXC) permette di virtualizzare uno o più container Linux su un singolo host LXC, gestendone virtualmente RAM, CPU, socket e rete.
+
  After=docker.service
 
+
  [Service]
È estremamente utile quando si ha bisogno di isolare dei servizi dal sistema host: es.: server web, imap, smtp...
+
  Restart=always
 
+
  ExecStart=/usr/bin/docker start -a container_name
=== Installazione ===
+
  ExecStop=/usr/bin/docker stop -t 2 container_name
Installare LXC
+
  [Install]
  # pacman -S lxc lxc-templates lxcfs lxd
+
  WantedBy=multi-user.target
 
 
=== Comandi ===
 
Lista dei container installati
 
  lxc-ls -f
 
 
 
Installare un container scegliendo l'immagine dalla lista di quelli disponibili
 
  lxc-create -n playtime -t download
 
 
 
Se sapete già di quale container avete bisogno sarà possibile scaricarlo direttamente
 
  lxc-create -n playtime -t download -- --dist archlinux --release current --arch amd64
 
 
 
Far partire il container chiamato ''debian''
 
  lxc-start debian
 
 
 
Entrare dentro il container chiamato ''debian''
 
lxc-attach debian
 
 
 
Fermare l'esecuzione del container chiamato ''debian''
 
  lxc-stop debian
 
 
 
Rimuovere il container chiamato ''debian''
 
  lxc-destroy debian
 
 
 
Eseguire un comando dentro il container chiamato ''debian''
 
  lxc-attach --name debian nano
 
  
 +
* [https://wiki.archlinux.org/title/docker Arch Linux Docker WIKI]
  
=== Rete Bridge ===
+
== [https://wiki.archlinux.org/title/systemd-nspawn systemd-nspawn] ==
Nel caso si debbano usare servizi da tenere esposti su Internet potrebbe essere conveniente utilizzare una rete bridge piuttosto che NAT.
 
 
 
[https://wiki.debian.org/LXC/SimpleBridge Configurazione] rete bridge.
 
 
 
== Alternative ==
 
 
 
* [https://wiki.archlinux.org/title/systemd-nspawn systemd-nspawn]
 
 
 
* [https://wiki.archlinux.org/title/docker Docker]
 
  
 
= Fonti software alternative =
 
= Fonti software alternative =
Riga 1 497: Riga 1 738:
 
Un destinatario decifra un messaggio protetto da GPG usando la chiave di sessione con l'algoritmo simmetrico. Tale chiave di sessione è inclusa nel messaggio in maniera criptata ed è decifrata usando la chiave privata del destinatario.
 
Un destinatario decifra un messaggio protetto da GPG usando la chiave di sessione con l'algoritmo simmetrico. Tale chiave di sessione è inclusa nel messaggio in maniera criptata ed è decifrata usando la chiave privata del destinatario.
 
L'utilizzo di due cifrature oltre che a velocizzare l'esecuzione del programma (la cifratura a chiave simmetrica è molto più veloce di quella asimmetrica) permette di poter cifrare uno stesso messaggio per più destinatari.
 
L'utilizzo di due cifrature oltre che a velocizzare l'esecuzione del programma (la cifratura a chiave simmetrica è molto più veloce di quella asimmetrica) permette di poter cifrare uno stesso messaggio per più destinatari.
 
== Manuale ==
 
 
Un veloce aiuto
 
man gpg
 
 
Un rapido promemoria delle opzioni più comuni
 
gpg --help
 
  
 
== Generare una chiave ==
 
== Generare una chiave ==
Da utente normale:
+
  $ gpg --gen-key
  gpg --gen-key
 
e rispondere alle domande che fa il programma.
 
  
'''Controllare''' che sia stata davvero creata
+
Controllare che la chiave sia stata correttamente creata
  gpg --list-keys
+
  $ gpg --list-keys
  
 
== Certificato di revoca ==
 
== Certificato di revoca ==
Riga 1 518: Riga 1 749:
 
Chiunque sia in possesso del certificato di revoca può revocare la chiave corrispondente, per cui è bene tenerlo in un posto sicuro.
 
Chiunque sia in possesso del certificato di revoca può revocare la chiave corrispondente, per cui è bene tenerlo in un posto sicuro.
 
Poiché, nel momento in cui si ha bisogno del certificato di revoca, potremmo non essere più in grado di generarlo, conviene generarlo subito dopo la creazione della chiave, e prima di iniziare a utilizzarla pubblicamente.
 
Poiché, nel momento in cui si ha bisogno del certificato di revoca, potremmo non essere più in grado di generarlo, conviene generarlo subito dopo la creazione della chiave, e prima di iniziare a utilizzarla pubblicamente.
  gpg --output certificato-di-revoca.asc --gen-revoke ''ID''
+
  $ gpg --output certificato-di-revoca.asc --gen-revoke ''ID''
 
dove <code>ID</code> è dato dalle ultime 8 cifre dell'impronta (fingerprint) della chiave.
 
dove <code>ID</code> è dato dalle ultime 8 cifre dell'impronta (fingerprint) della chiave.
  
 
== Utilizzo pratico ==
 
== Utilizzo pratico ==
 
=== Criptare un documento ===
 
=== Criptare un documento ===
  gpg -o file1.ext.gpg -e -r UserID file1.ext
+
  $ gpg -o file1.ext.gpg -e -r UserID file1.ext
  
 
Esempio:
 
Esempio:
  gpg -o tesi.odt.gpg -e -r spookyh@gmail.com tesi.odt
+
  $ gpg -o tesi.odt.gpg -e -r spookyh@gmail.com tesi.odt
  
 
=== Decriptare un documento ===
 
=== Decriptare un documento ===
  gpg -o file1.ext -d file1.gpg
+
  $ gpg -o file1.ext -d file1.gpg
  
 
=== Firmare un documento ===
 
=== Firmare un documento ===
 
Il mittente può usare PGP per ''firmare'' un messaggio con l'algoritmo di firma RSA o Digital Signature Algorithm (DSA). Per fare ciò viene calcolato un hash (message digest) dal testo in chiaro e successivamente da questo hash è creata la [http://it.wikipedia.org/wiki/Firma_digitale firma digitale] usando la chiave privata del mittente.
 
Il mittente può usare PGP per ''firmare'' un messaggio con l'algoritmo di firma RSA o Digital Signature Algorithm (DSA). Per fare ciò viene calcolato un hash (message digest) dal testo in chiaro e successivamente da questo hash è creata la [http://it.wikipedia.org/wiki/Firma_digitale firma digitale] usando la chiave privata del mittente.
 
+
  $ gpg -o file1.ext.sig -s file1.ext
  gpg -o file1.ext.sig -s file1.ext
 
  
 
=== Verificare un documento ===
 
=== Verificare un documento ===
  gpg --verify file1.sig
+
  $ gpg --verify file1.sig
  
 
== Importare ed esportare chiavi (locali) ==
 
== Importare ed esportare chiavi (locali) ==
 
Importare una chiave (pubblica)
 
Importare una chiave (pubblica)
  gpg --import chiave.asc (o .txt)
+
  $ gpg --import chiave.asc (o .txt)
  
 
Esportare la propria chiave pubblica
 
Esportare la propria chiave pubblica
  gpg -a -o chiave_pubblica.asc --export
+
  $ gpg -a -o chiave_pubblica.asc --export
  
 
=== Esportare la propria chiave privata ===
 
=== Esportare la propria chiave privata ===
 
{{Note
 
{{Note
 
|type=attention
 
|type=attention
|text=La chiave privata può essere utilizzata per impersonare la vostra identità, perciò '''NON''' inviarla mai a '''nessuno''', ed esportarla solo per effettuarne backup, naturalmente da custodire in un luogo sicuro.
+
|text= La chiave privata può essere utilizzata per impersonare la vostra identità, '''NON''' inviarla mai a '''nessuno''', ed esportala solo per effettuarne backup, naturalmente da custodire in un luogo sicuro.}}
}}
+
  $ gpg --armor --export-secret-keys <ID> > secret-key.gpg.asc
  gpg --armor --export-secret-keys <ID> > secret-key.gpg.asc
 
  
 
== Condividere le chiavi pubbliche ==
 
== Condividere le chiavi pubbliche ==
 
Inviare la chiave ad un keyserver:
 
Inviare la chiave ad un keyserver:
  gpg --keyserver keyserver.linux.it --send-key <ID>
+
  $ gpg --keyserver keyserver.linux.it --send-key <ID>
  
 
Importare una chiave da un keyserver:
 
Importare una chiave da un keyserver:
  gpg --keyserver keyserver.linux.it --recv-keys <ID>
+
  $ gpg --keyserver keyserver.linux.it --recv-keys <ID>
  
 
Se ci fidiamo del proprietario e vogliamo mostrare pubblicamente la nostra fiducia, possiamo firmare la chiave appena importata e esportare la firma su un keyserver (vedere sezioni successive).
 
Se ci fidiamo del proprietario e vogliamo mostrare pubblicamente la nostra fiducia, possiamo firmare la chiave appena importata e esportare la firma su un keyserver (vedere sezioni successive).
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== Editare una chiave ==
 
== Editare una chiave ==
 
Per fare operazioni e modifiche dobbiamo "editare" le chiavi, aprendo l'editor interattivo:
 
Per fare operazioni e modifiche dobbiamo "editare" le chiavi, aprendo l'editor interattivo:
  gpg --edit-key <ID>
+
  $ gpg --edit-key <ID>
 
+
'''NB: Prima di uscire dall'editor, ricordarsi di salvare, altrimenti le modifiche vanno perdute'''
{{Note
 
|type=warning
 
|text=Prima di uscire dall'editor, ricordarsi di '''salvare''', altrimenti le modifiche vanno perdute
 
}}
 
  
 
* firmare
 
* firmare
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== Revocare una chiave ==
 
== Revocare una chiave ==
 
 
Avendo già il certificato di revoca:
 
Avendo già il certificato di revoca:
  gpg --import certificato-di-revoca.asc
+
  $ gpg --import certificato-di-revoca.asc
  gpg --keyserver pgp.surfnet.nl --send-key ''ID''
+
  $ gpg --keyserver pgp.surfnet.nl --send-key ''ID''
  
 
== Gestione delle chiavi ==
 
== Gestione delle chiavi ==
 
Controllare il database delle chiavi: questo comando mostra tutte le chiavi che abbiamo con molte informazioni.
 
Controllare il database delle chiavi: questo comando mostra tutte le chiavi che abbiamo con molte informazioni.
  gpg --list-keys --with-colons
+
  $ gpg --list-keys --with-colons
  
 
Fornisce tutti i valori di fiducia assegnati alle varie chiavi. (Informazioni private)
 
Fornisce tutti i valori di fiducia assegnati alle varie chiavi. (Informazioni private)
  gpg --list-ownertrust
+
  $ gpg --list-ownertrust
  
 
== Controllo firme ==
 
== Controllo firme ==
  gpg --check-sigs
+
  $ gpg --check-sigs
  gpg --list-sigs
+
  $ gpg --list-sigs
  
 
== Esportare le chiavi altrui ==
 
== Esportare le chiavi altrui ==
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Rimandiamola al proprietario:
 
Rimandiamola al proprietario:
  gpg --armor -export -o firma.sig <ID>
+
  $ gpg --armor -export -o firma.sig <ID>
  
 
Questo comando crea un file di nome ''firma.sig'' nella directory corrente, che contiene la chiave firmata.
 
Questo comando crea un file di nome ''firma.sig'' nella directory corrente, che contiene la chiave firmata.
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Chi riceve la propria chiave firmata da altri può decidere inserirla nel proprio portachiavi, con
 
Chi riceve la propria chiave firmata da altri può decidere inserirla nel proprio portachiavi, con
  gpg --import firma.sig
+
  $ gpg --import firma.sig
si aggiungono al portachiavi le nuove firme ma anche i nuovi ID che il mittente ha sulla sua chiave, col rispettivo valore di fiducia.
 
 
 
Firmare le chiavi degli altri implica dar loro fiducia, e, spesso, anche aver verificato la loro identità in maniera sicura.
 
Se non ci fidiamo, non firmiamo.
 
Se si firmano a caso tutte le chiavi che capitano a tiro, si perde la reputazione che si ha presso gli altri partecipanti della rete.
 
  
Se vogliamo fare un uso pubblico di questa fiducia reciproca possiamo mandare la nostra  chiave, contenente la nuova firma, al keyserver:
+
Si aggiungono al portachiavi le nuove firme ma anche i nuovi ID che il mittente ha sulla sua chiave, col rispettivo valore di fiducia. Firmare le chiavi degli altri implica dar loro fiducia, e, spesso, anche aver verificato la loro identità in maniera sicura.
  gpg --keyserver pgp.circl.lu --send-key <ID mia chiave>
+
Se non ci fidiamo, non firmiamo. Se si firmano a caso tutte le chiavi che capitano a tiro, si perde la reputazione che si ha presso gli altri partecipanti della rete. Se vogliamo fare un uso pubblico di questa fiducia reciproca possiamo mandare la nostra  chiave, contenente la nuova firma, al keyserver:
 +
  $ gpg --keyserver pgp.circl.lu --send-key <ID mia chiave>
  
 
Periodicamente occorre aggiornare il proprio portachiavi digitale, così da venire a conoscenza delle modifiche sulle chiavi degli altri.
 
Periodicamente occorre aggiornare il proprio portachiavi digitale, così da venire a conoscenza delle modifiche sulle chiavi degli altri.
  gpg --keyserver pgp.circl.lu --refresh-keys
+
  $ gpg --keyserver pgp.circl.lu --refresh-keys
  
 
== Rete di fiducia ==
 
== Rete di fiducia ==
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= Systemd =
 
= Systemd =
systemd-resolved — network name resolution;
 
 
  systemd-timesyncd — system time synchronization across the network;
 
  systemd-timesyncd — system time synchronization across the network;
 
  systemd/Journal — system logging
 
  systemd/Journal — system logging

Versione attuale delle 13:06, 20 ott 2024

Arch Linux è una distribuzione Linux leggera e veloce; ma la cui installazione, configurazione e amministrazione avviene prevalentemente da terminale attraverso la modifica manuale di file di configurazione testuali.

Fornisce, seguendo un modello di distribuzione detto "rolling-release", l'ultima versione stabile della maggior parte del software opensource disponibile per Linux. Dato che è in costante aggiornamento non richiede periodici passaggi da una versione stabile alla successiva. Il lato negativo è che aggiornamenti di componenti importanti come quelli di: kernel, boot loader, driver video, librerie... potrebbero determinare problemi tali da rendere il sistema inutilizzabile. Accorgimenti come lo snapshot periodico del filesystem riescono, per fortuna, a contrastare l'impatto di questi inconvenienti.

Installazione

Guida

Guida ufficiale

Supporti

  • ISO con installer grafico Calamares ALCI
  • ISO live CD/USB con interfaccia Xfce, utile per operazioni di ripristino o installazione SystemRescue:


ISO personalizzata

Con archiso è possibile creare un'immagine con pacchetti aggiuntivi rispetto a quelli contenuti nella versione ufficiale.

# pacman -S archiso

Copiare il contenuto del pacchetto in una directory di lavoro, es.: /root/media

# cp -r /usr/share/archiso/configs/releng /root/media

Se volessimo aggiungere il supporto ad un pacchetto non contenuto nei repository ufficiali come, per esempio, lo ZFS occorrerebbe:

  • Importare la chiave pubblica del suo repository
# pacman-key -r DDF7DB817396A49B2A2723F7403BD972F75D9D76
# pacman-key --lsign-key DDF7DB817396A49B2A2723F7403BD972F75D9D76

  • Modificare le seguenti righe al file pacman.conf di archiso per aggiungere il repository
[archzfs]
SigLevel = Never
Server = https://archzfs.com/$repo/$arch
  • Aggiungere le seguenti righe al file packages.x86_64 per aggiungere i pacchetti che ci interessa installare
zfs-utils
zfs-dkms
net-tools
  • Se volessimo creare una versione live di una macchina, comprensiva di tutti i suoi pacchetti, potremmo semplicemente aggiungerli al file packages.x86_64
# pacman -Qq >> /path/packages.x86_64
  • Lanciare lo script per creare l'ISO
# ./build.sh -v

L'immagine sarà generata nella directory /root/media/out

Preparazione del disco

Su Linux si può scegliere (salvo casi estremamente particolari) tra due tipi di tabella delle partizioni

  • msdos (Master Boot Record o più semplicemente MBR)
  • GPT (GUID Partition Table)

In linea generale è consigliabile di scegliere il GPT perché è un formato più moderno ed ha meno limitazioni rispetto all'MBR risalente ai tempi dell'MS-DOS.

I casi in cui è preferibile utilizzare la tabella msdos sono:

  • dual-boot con Windows (32-bit o 64-bit) con la scheda madre in modalità Legacy BIOS
  • in schede madri molto datate il BIOS potrebbe non supportare lo schema GPT (esiste comunque un trucco per aggirare l'ostacolo)

Vantaggi di GPT su MBR:

  • offre un sistema di denominazione delle partizioni indipendente dal filesystem (PARTLABEL, PARTUUID)
  • supera il concetto di partizione primaria ed estesa (su MBR il numero massimo di partizioni primarie, quelle su cui si può installare un sistema operativo è limitato a 4). Su GPT, nella configurazione standard, si possono definire fino a 128 partizioni.
  • la grandezza massima di un disco è di 2 ZiB, mentre su MBR 2 TiB
  • permette di fare a meno della tradizionale partizione di /boot con i filesystem BTRFS e ZFS in modo da semplificare la gestione degli snapshot.


Schede madri BIOS

Creare due partizioni.

  1. BIOS GRUB Partition: concettualmente l'equivalente dell'MBR dei sistemi GPT. A differenza di quest'ultimo, la cui dimensione è di soli 512 byte, la BIOS GRUB Partition può però essere sufficientemente grande da contenere i driver per il supporto di un filesystem come ZFS o BTRFS. Il contenuto di questa partizione cambia esclusivamente nei rari casi di upgrade del GRUB perché non vi risiedono né kernel né ramdisk.
  2. Linux filesystem: successivamente da formattare col filesystem di nostra scelta: BTRFS, ZFS, ext4, XFS, JFS.

Partizionamento

Col seguente comando verrà creata la partizione BIOS GRUB (EF02) a partire dal 1MB, della grandezza di 64MB, 8GB per la SWAP ed il resto del disco resterà disponibile per il filesystem di Linux.

Se avete più dischi da utilizzare in raid, questa operazione andrà ripetuta per ciascun disco.

# sgdisk \
--new=1:2048:133120 --typecode=1:EF02 --change-name=1:"GRUB" \
--new=2:0:+8000M ---typecode 2:8200 --change-name=2:"SWAP" \
--largest-new=3 --typecode=3:8300 --change-name=3:"ROOT" /dev/sda

La seconda partizione dovrà poi essere formattata con uno dei filesystem supportati da Linux (ext4, btrfs, xfs...)

# mkfs.btrfs /dev/sda3


Schede madri UEFI

Creare due partizioni.

  1. EFI: è una partizione in formato FAT32 necessaria per l'avvio dei sistemi operativi nei PC con schede madri UEFI.
  2. Linux filesystem: successivamente da formattare col filesystem di nostra scelta: BTRFS, ZFS, ext4, XFS, JFS.

Partizionamento

Col seguente comando verrà creata la partizione EFI (EF00) a partire dal 1MB, della grandezza di 512MB, 8Gb per la SWAP ed il resto del disco per il filesystem di Linux.

# sgdisk \
--new=1:2048:1064960 --typecode=1:EF00 --change-name=1:"efi" \
--new=2:0:+8000M ---typecode 2:8200 --change-name=2:"SWAP" \
--largest-new=3 --typecode=3:8300 --change-name=3:"ROOT" /dev/sda

La partizione EFI dovrà poi essere formattata in FAT32

# mkfs.vfat -F 32 /dev/sda1

La seconda partizione dovrà poi essere formattata con uno dei filesystem supportati da Linux (ext4, btrfs, xfs...)

# mkfs.btrfs /dev/sda3

Montaggio del filesystem

Formattazione ed attivazione della SWAP

# mkswap /dev/sda2
# swapon /dev/sda2

Montaggio del filesystem di ROOT nei sistemi BIOS

# mount /dev/sda3 /mnt

Montaggio del filesystem di ROOT nei sistemi UEFI

# mount /dev/sda3 /mnt
# mount --mkdir /dev/sda1 /mnt/boot

Pacchetti base

Per l'installazione di base si consigliano i seguenti meta-pacchetti

# pacstrap -K /mnt base base-devel linux linux-headers linux-firmware

Configurazione

Creazione del file fstab

# genfstab -U /mnt >> /mnt/etc/fstab

Chroot nel nuovo sistema

# arch-chroot /mnt

Timezone

# ln -sf /usr/share/zoneinfo/Europe/Rome /etc/localtime

Editare il file /etc/systemd/timesyncd.conf ed abilitare il servizio per la sincronizzazione automatica dell'orario

# systemctl enable systemd-timesyncd.service

Editare il file /etc/locale.gen e togliere il commento agli argomenti che interessano, es.: en_US.UTF-8, it_IT.UTF-8. E successivamente generare la localizzazione eseguendo

# locale-gen

Configurare la lingua che vogliamo usare per il nostro sistema editando il file /etc/locale.conf oppure lanciando il comando

# localectl set-locale LANG=en_US.UTF-8

Selezioniamo il layout della tastiera editando il file /etc/vconsole.conf

# echo "KEYMAP=it" >> /etc/vconsole.conf

Scegliere un home host (es.: archstar)

# echo archstar >> /etc/hostname

Impostare una password per l'utente root

# passwd

Installare e configurare il bootloader

Filesystem

Su Linux, a seconda di ciò di cui abbiamo bisogno, è possibile scegliere tra numerosi filesystem. Le principali opzioni sono le seguenti:

- BTRFS: supporta nativamente sottovolumi, snapshot ed il raid 0, 1 e 5; ma non la crittografia.

- EXT4: il FS storico di Linux, evoluzione di ext3. Supporta nativamente la crittografia dei dati, ma non gestisce autonomamente né RAID, né snapshots.

- ZFS: non è supportato direttamente da Linux, ha bisogno di un driver esterno per funzionare e ciò, per gli utenti meno smaliziati, potrebbe complicare le operazioni di ripristino di sistema in caso di problemi. Supporta il raid 0, 1 e z (una variante del raid5 che permette, grazie ad un meccanismo di scrittura dei dati detta "write-atomicity" di evitare la perdita di dati anche in caso di improvviso spegnimento improvviso del computer), gli snapshot, i sottovolumi e la cifratura dei dati. Non è però possibile modificare la composizione di un raid una volta creato.

- XFS + LVM: accoppiare il filesystem xfs al gestore di volumi di LVM è il modo con cui RedHat (IBM) ha scelto di implementare le funzionalità di raid e snapshots nella propria distribuzione.

IMG

Per fare esperimenti con i filesystem può essere utile creare dei file immagine

Creare un file immagine di una specifica grandezza (es.: 10G)

$ truncate -s 10g disk.img

Formattarlo con un filesystem (es.: btrfs)

$ mkfs.btrfs disk.img

Montarlo in loop

$ sudo mount -o loop disk.img /mnt


BTRFS

Creazione del filesystem

# mkfs.btrfs /dev/partizione

Montaggio del filesystem

# mount -o compress=lzo /dev/partizione /mnt/punto_mount

(Si consiglia di usare l'opzione di compressione del filesystem per migliorare le performance ed ottimizzare l'utilizzo dello spazio)

Subvolumi

  • Creare un subvolume
# btrfs subvolume create subvolume
  • Controllare i subvolumi presenti sul sistema
# btrfs subvolume list /

In una tipica installazione Ubuntu avremo un output di questo tipo

ID 257 gen 9755 top level 5 path @
ID 292 gen 7624 top level 5 path @home

@ è il nome del subvolume contenente la root / del filesystem @home è il nome del subvolume della /home

Montaggio di un subvolume

# mount -o subvol=subvolume /dev/partizione /mnt/punto_mount

fstab

Normalmente la root di sistema viene collocata in un subvolume (es.: @), per poter effettuare opzioni di snapshot etc e consigliabile montare il filesystem con l'opzione subvolid=0. Nella directory di mount saranno visibili tutti i subvolumi e le snapshot della partizione e sarà quindi possibile effettuare tutte le operazioni indicate nei passaggi successivi.

Ecco un /etc/fstab di esempio

LABEL=ROOT       /             btrfs     defaults,compress=lzo,subvol=@            0 0
LABEL=ROOT       /home         btrfs     defaults,compress=lzo,subvol=@home        0 0
LABEL=ROOT       /mnt/btrfs    btrfs     defaults,noauto,subvolid=0,compress=lzo   0 0

Montando la partizione con label ROOT su /mnt/btrfs saranno visibili tutti i subvolumi.

Conversione da Ext3/4 a Btrfs

# btrfs-convert /dev/partizione

Automaticamente è creata una snapshot contenente il vecchio filesystem (/ext2_saved)

In caso di problemi può essere montata col comando

# mount -t btrfs -o subvol=ext2_saved /dev/xxx /ext2_saved
# mount -t ext3 -o loop,ro /ext2_saved/image /ext3

Se tutto è andato a buon fine può invece essere eliminata

# btrfs subvolume delete /ext2_saved

Riparazione di un filesystem danneggiato

  • Direttamente sul filesystem montato
# btrfs scrub start -B /dev/partizione

o anche direttamente sulla root

# btrfs scrub start -B /
  • Sul disco smontato
# btrfs check --repair /dev/partizione

Per non dover ricorrere ad un dispositivo di avvio alternativo, dato che btrfs-check non può essere utilizzato su un filesystem montato, si consiglia di aggiungerlo al ramdisk modificando in questo mmodo il file /etc/mkinitcpio.conf

BINARIES=(btrfs)

Quote

Per limitare le dimensioni di un subvolume è possibile abilitare la gestione delle quote.

Utilizzare il seguente comando su un filesystem btrfs appena creato e privo di subvolumi

# btrfs quota enable volume

Se invece le quote non sono state abilitate subito su tutto il filesystem è necessario creare un qgroup (quota group) per ogni subvolume utilizzando il rispettivo ID e successivamente fare una scansione delle quote.

# btrfs subvolume list <path> | cut -d' ' -f2 | xargs -I{} -n1 btrfs qgroup create 0/{} <path>
# btrfs quota rescan <path>

Assegnare una quota limite ad un subvolume

# btrfs qgroup limit size /volume/subvolume

Es.:

# btrfs qgroup limit 20g /mnt/@
# btrfs qgroup limit 100g /mnt/@home

Scoprire la quantità di spazio utilizzata da un subvolume

# btrfs qgroup show <path>

Snapshots

Data la natura instabile delle distribuzioni rolling-release come Arch Linux ritengo praticamente obbligatorio per la partizione di / l'utilizzo di un filesystem che supporti gli snapshot.

  • Effettuare uno snapshot
# btrfs subvolume snapshot @ rootsnap

Nell'esempio abbiamo effettuato il backup del filesystem di root e l'abbiamo chiamato rootsnap

  • Montare un subvolume/snapshot
# mount -t btrfs -o subvol=rootsnap /dev/partizione /mnt/snapshot
  • Cancellare un subvolume/snapshot
# btrfs subvolume delete rootsnap

Integrazione con GRUB

È possibile caricare automaticamente all'avvio gli snapshot dei filesystem di root attraverso il programma grub-btrfs

# pacman -S grub-btrfs

Con questo tool ogni volta che rigeneriamo il file di configurazione di GRUB il sistema rileva eventuali sottovolumi avviabili (snapshot comprese) aggiungendoli al menu di avvio del GRUB

# grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg

Backup

Le snapshot possono essere salvate su un disco esterno, a patto che questo abbia un file system btrfs. L'operazione di trasferimento può essere effettuata soltanto su snapshot in sola lettura. Si ipotizza che il proprio disco di sistema sia montato in /mnt/btrfs ed il disco esterno in /mnt/ext

  • Creare la snapshot in sola lettura (opzione -r) oppure impostare il flag di sola lettura ad una snapshot già fatta
btrfs subvolume snapshot -r @root @root-yymmdd-ro
btrfs property set /mnt/btrfs/@root-yymmdd-ro ro true
  • Trasferire la snapshot sul disco esterno.
btrfs send /mnt/btrfs/@root-yymmdd-ro | btrfs receive /mnt/ext
  • Quando necessario, ripristinare la snapshot
btrfs send /mnt/ext/@root-yymmdd-ro | btrfs receive /mnt/btrfs/
  • Eventualmente, rinominare la snapshot e reimpostare i privilegi di scrittura
mv /mnt/ext/{@root-yymmdd-ro,@root}
btrfs property set /mnt/btrfs/@root ro false


RAID

Tipologie e caratteristiche dei raid supportati

Confronto tra varie tecnologie di raid

RAID Redundancy Copies Redundancy Parity Redundancy Striping Spazio utilizzato Min/max n. dischi
disco singolo 1 100% 1/N
RAID0 1 1 to N 100% 1/N
RAID1 2 50% 2/N
RAID1C3 3 33% 3/N
RAID1C4 4 25% 4/N
RAID10 2 1 to N 50% 2/N
RAID5 1 1 2 to N-1 (N-1)/N 2/N
RAID6 1 2 3 to N-2 (N-2)/N 3/N


RAID 0

# mkfs.btrfs -d raid0 /dev/sda1 /dev/sdb1
Montare il raid
# mount /dev/sda1 /mnt

(È equivalente a mount /dev/sdb1 /mnt, il sistema riconosce che è presente un raid 0 e provvede al montaggio corretto dei dischi)

Verifica del montaggio

# btrfs filesystem show /mnt
Label: none  uuid: 4714fca3-bfcb-4130-ad2f-f560f2e12f8e
Total devices 2 FS bytes used 27.75GiB
devid    1 size 136.72GiB used 17.03GiB path /dev/sda1
devid    2 size 136.72GiB used 17.01GiB path /dev/sdb1
Aggiungere una partizione
# btrfs device add /dev/sdc1 /mnt
# btrfs filesystem show /mnt
Label: none  uuid: 4714fca3-bfcb-4130-ad2f-f560f2e12f8e
Total devices 3 FS bytes used 27.75GiB
devid    1 size 136.72GiB used 17.03GiB path /dev/sda1
devid    2 size 136.72GiB used 17.01GiB path /dev/sdb1
devid    3 size 136.72GiB used 0.00 path /dev/sdc1

Adesso è necessario effettuare una redistribuzione dei dati sui tre dischi

# btrfs balance start -d -m /mnt

Per vedere a che punto del bilanciamento è arrivato il sistema

# btrfs fi balance status /
# btrfs filesystem show /mnt
Label: none  uuid: 4714fca3-bfcb-4130-ad2f-f560f2e12f8e
Total devices 3 FS bytes used 27.78GiB
devid    1 size 136.72GiB used 10.03GiB path /dev/sda1
devid    2 size 136.72GiB used 10.03GiB path /dev/sdb1
devid    3 size 136.72GiB used 11.00GiB path /dev/sdc1
Rimuovere un device
# btrfs device delete /dev/sdb1 /mnt

L'operazione può impiegare parecchio tempo e per andare a buon fine sui dischi rimanenti deve essere rimasto sufficiente spazio libero da ospitare i dati contenuti nel device che vogliamo togliere dal raid.

RAID 1

Creazione di un raid1 ex novo

Copiare la tabella delle partizioni da sda a sdb

# sfdisk -d /dev/sda | sfdisk /dev/sdb

Creare il raid

# mkfs.btrfs -d raid1 -m raid1 /dev/sda1 /dev/sdb1
Aggiungere un mirror ad un disco esistente
# btrfs device add /dev/sdb1 /punto_di_mount
# btrfs balance start -dconvert=raid1 -mconvert=raid1 /punto_di_mount
GRUB

Se si utilizza un raid1 per la partizione di sistema / e si vuole rendere Linux avviabile automaticamente anche in caso di danneggiamento o mancanza di uno dei due dischi del raid occorrerà che sul secondo disco sia clonata la partizione EFI o BIOS GRUB (es.: /dev/sda1) e che vi sia installato il bootloader.

# dd if=/dev/sda1 of=/dev/sdb1
# grub-install /dev/sdb
Sostituzione device danneggiato

Verificare qual è il disco che dà dei problemi

# mount /dev/sda1 /punto_di_mount -o degraded
# btrfs device stats /punto_di_mount
# btrfs filesystem show /punto_di_mount
# btrfs device usage /punto_di_mount

Ipotizzando che 1 sia l'ID del disco danneggiato secondo i comandi dati in precedenza

# btrfs replace start 1 /dev/sdc1 /punto_di_mount

Per monitorare lo stato di ripristino del raid

# btrfs replace status /punto_di_mount

In alcuni casi potrebbe essere necessario montare il filesystem in modalità degraded (con l'opzione -o degraded) e lanciare il successivo comando per eliminare definitivamente il device dal raid.

# btrfs device delete missing /mnt

RAID 5

Golem-template-note-warning.png ATTENZIONE il raid5 su BTRFS è considerato non sicuro e se ne sconsiglia il suo utilizzo


RAID 1C

RAID 1C3

Se si desidera duplicare i dati rispettivamente 2 volte in modo da poter perdere fino a due dischi su 3 senza perdere dati è possibile utilizzare una modalità chiamata raid1c3

Per creare ex novo il raid1c3

# mkfs.btrfs -d raid1c3 -m raid1c3 /dev/sda1 /dev/sdb1 /dev/sdc1

Per convertire a raid1c3

# btrfs balance start -dconvert=raid1c3 -mconvert=raid1c3 /storage-btrfs/
RAID 1C4

Se si desidera duplicare i dati rispettivamente 3 volte in modo da poter perdere fino a 3 dischi su 4 senza perdere dati è possibile utilizzare una modalità chiamata raid1c4

Per creare ex novo il raid1c3

# mkfs.btrfs -d raid1c4 -m raid1c4 /dev/sda1 /dev/sdb1 /dev/sdc1

Per convertire a raid1c4

# btrfs balance start -dconvert=raid1c4 -mconvert=raid1c4 /storage-btrfs/

ZFS

Installazione di modulo e le utility da AUR

# pacman-key -r F75D9D76
# pacman-key --lsign-key F75D9D76
$ pikaur -S zfs-utils zfs-dkms

Installazione di modulo e utility da archzfs

Modificare le seguenti righe al file pacman.conf di archiso

[archzfs-testing]
Server = https://archzfs.com/$repo/$arch
# pacman-key -r DDF7DB817396A49B2A2723F7403BD972F75D9D76
# pacman-key --lsign-key DDF7DB817396A49B2A2723F7403BD972F75D9D76
# pacman -S zfs-utils zfs-linux

Configurare il FS

Comandi per ottenere informazioni utili sul filesystem e sui pool

# zfs list -t  all
# zpool status
# zpool list

Abilitare i vari servizi sul filesystem

# systemctl enable zfs-zed.service
# systemctl enable zfs-mount.service
# systemctl enable zfs-share.service
# systemctl enable zfs-import.target
# systemctl enable zfs.target

Creare un pool su un disco

# zpool create "pool" sda

Creare un pool su una partizione

# zpool create "pool" sda2

Importare un pool

# zpool import "pool"

Aggiungere pool alla cache per auto-import e mount (abilitare i vari demoni zfs)

# zpool set cachefile=/etc/zfs/zpool.cache "pool"

oppure si possono caricare i mountpoint in modalità legacy dall'fstab

# zfs create -o mountpoint=legacy pool/directory

Aggiungere la compressione

# zfs get compression pool
# zfs set compression=lz4 pool

Vedere le proprietà di un pool

# zfs get all zpool

RAID

Creare un pool in raid0

# zpool create "pool" /dev/sdb /dev/sdc

Creare un pool in raid1

# zpool create "pool" mirror /dev/sdb /dev/sc

Creare un pool raid5 su più dischi

# zpool create "pool" raidz /dev/sdb /dev/sdc /dev/sdd

Creare un pool raid5 su immagini

# zpool create "pool" raidz /path/1.img /path/2.img /path/3.img

Rimuovere il disco da sostituire

# zpool offline disco1

Inserire il nuovo disco

# zpool replace "pool" disco1
# zpool online disco1
  • Utilizza un altro disco montato al posto di quello danneggiato
# zpool replace "pool" disco1 disco2

Aggiungere uno o più dischi ad un pool

# zpool add "pool" mirror disco3 disco4
# zpool add "pool" raidz disco3 disco4 disco5

Rimuovere disco1 da pool se aggiunto erroneamente

# zpool remove "pool" disco1

Controllare lo stato di un pool

# zpool status

Correggere eventuali errori

# zpool clear pool disco
# zpool scrub  pool

Root filesystem

Per prima cosa organizzare la tabella delle partizioni del disco

Formattare la partizione e creare il dataset (senza mountpoint)

# zpool create -m none rpool sda2

Smontare il pool e rimontarlo in modalità legacy

# zfs create -o mountpoint=none rpool/ROOT
# zfs create -o mountpoint=legacy rpool/ROOT/arch
# zpool set bootfs=rpool/ROOT/arch rpool
# mount -t zfs rpool/ROOT /mnt

rpool è il nome che abbiamo voluto dare al volume contenente il filesystem di sistema

NB: se NON si usa il mountpoint in modalità legacy occorrerà impostare canmount=noauto su tutti i dataset con mountpoint=/ (es.: zfs create -o mountpoint=/ -o canmount=noauto rpool/ROOT/arch) altrimenti il sistema cercherà di eseguirne automaticamente l'automount e fallirà se esistono più filesystem da montare su /

Se volessimo aggiungere altri pool es.:

# zfs create rpool/home
# zfs create rpool/arch/pkg
# zfs create rpool/var
# zfs create rpool/srv

Configurare la cache degli zpool

# zpool set cachefile=/etc/zfs/rpool.cache rpool 

Copiare il file di cache nel sistema dove dovremo eseguire il chroot per l'installazione.

# mkdir -p /mnt/etc/zfs
# cp /etc/zfs/rpool.cache /mnt/etc/zfs/rpool.cache

Installare il sistema di base

# pacstrap -K /mnt base linux linux-firmware zfs-utils zfs-linux

Altri pacchetti consigliati

# pacstrap -K /mnt base-devel net-tools networkmanager nano zsh grml-zsh-config busybox

Eseguire il chroot per procedere con l'installazione

# arch-chroot /mnt

Configurare il mountpoint su fstab /etc/fstab

rpool/ROOT/arch      /       zfs         noatime     0 0

Editare il file /etc/mkinitcpio.conf aggiungendo zfs prima del filesystem

HOOKS="base udev autodetect modconf block keyboard zfs filesystems"

Abilitare i servizi per ZFS all'avvio

# systemctl enable zfs-zed.service
# systemctl enable zfs-mount.service
# systemctl enable zfs-share.service
# systemctl enable zfs-import.target
# systemctl enable zfs.target

Impostare una password di root

# passwd

Ricreare il ramdisk col supporto per ZFS

# mkinitcpio -p linux

Installare il Boot Loader

Uscire dal chroot e terminazione dell'installazione

# exit
# zfs unmount -a
# cp /etc/zfs/rpool.cache /mnt/etc/zfs/rpool.cache
# zpool export rpool
# reboot

BOOT LOADER

ZFSBootMenu

Per gestire a meglio gli snapshot e la clonazione dei pool è consigliabile, su PC che supportano UEFI, utilizzare il boot loader ZFSBootMenu.

Esportiamo le variabile per configurare il primo disco /dev/sda come disco di avvio

# export BOOT_DISK="/dev/sda"
# export BOOT_PART="1"
# export BOOT_DEVICE="${BOOT_DISK}${BOOT_PART}"

Assicuriamoci che il nostro pool di root sia configurato come avviabile

# zpool set bootfs=rpool/ROOT/ rpool

Formattiamo sda1 per creare la partizione EFI di boot

# mkfs.vfat -F32 "$BOOT_DEVICE"

Aggiungiamola all'fstab e montiamola

# cat << EOF >> /etc/fstab
$BOOT_DEVICE /boot/efi vfat defaults 0 0
EOF
# mkdir -p /boot/efi
# mount /boot/efi

Scarichiamo ed installiamo il boot loader

# mkdir -p /boot/efi/EFI/ZBM
# curl -o /boot/efi/EFI/ZBM/VMLINUZ.EFI -L https://get.zfsbootmenu.org/efi
# cp /boot/efi/EFI/ZBM/VMLINUZ.EFI /boot/efi/EFI/ZBM/VMLINUZ-BACKUP.EFI

Forziamo zfsbootmenu a montare il nostro dataset con i permessi di scrittura

# zfs set org.zfsbootmenu:commandline="quiet loglevel=4 rw" rpool/ROOT

Installiamo e configuriamo efibootmgr

# pacman -S efibootmgr
# efibootmgr -c -d "$BOOT_DISK" -p "$BOOT_PART" \
 -L "ZFSBootMenu (Backup)" \
 -l \\EFI\\ZBM\\VMLINUZ-BACKUP.EFI
# efibootmgr -c -d "$BOOT_DISK" -p "$BOOT_PART" \
 -L "ZFSBootMenu" \
 -l \\EFI\\ZBM\\VMLINUZ.EFI


  • Se si utilizza un pool distribuito su più dischi (RAID1 o RAIDZ) occorrerà installare il bootloader anche sugli altri dispositivi (nel caso del disco /dev/sdb).
# mount /dev/sdb1 /boot/efi
# curl -o /boot/efi/EFI/ZBM/VMLINUZ.EFI -L https://get.zfsbootmenu.org/efi
# efibootmgr -c -d "$BOOT_DISK" -p "$BOOT_PART" \
 -L "ZFSBootMenu sdb" \
 -l \\EFI\\ZBM\\VMLINUZ.EFI
GRUB

Se non ci interessa gestire snapshot o utilizziamo un PC con BIOS è possibile optare per GRUB

# pacman -S grub
# grub-install /dev/sda
(se si usa un pool composto da più dischi es. raidz per il filesystem di root è consigliabile installare grub su tutti i dischi: sda, sdb, sdc, sdd...)
# grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg

Esempio

#Grub entry
menuentry 'Arch Linux'{
      insmod gzio
      insmod part_gpt
      insmod zfs
      set root='hd0,gpt3'
       echo    'Loading Linux linux ...'
       linux   /ROOT@/boot/vmlinuz-linux root=ZFS=rpool/ROOT rw  loglevel=3 quiet
       echo    'Loading initial ramdisk ...'
       initrd  /ROOT@/boot/initramfs-linux.img

}

Snapshot

Snapshot del dataset ROOT

# zfs snapshot -r rpool/ROOT@snapshot-2023-03-07

Lista degli snapshot presenti

# zfs list -t snapshot

Ripristino dello snapshot

# zfs rollback rpool@snapshot-2023-03-07

Oltre che servire per il ripristino, possono essere montati per esplorarne il contenuto, ma non è possibile modificarlo.

# mount -t zfs rpool@2023-04-11 /mnt/snapshot

Copia locale di un dataset

# zfs send -R rpool/ROOT@snapshot-2023-03-07 | zfs recv -F rpool/ROOT/backup

Invio via SSH di una snapshot

# zfs send -R rpool/ROOT@snapshot-2023-03-07| ssh user@ip_address zfs recv tank/backups/rootzfs

Backup locale di una snapshot

# zfs send -R rpool/ROOT@snapshot | gzip > /tmp/zfs_backup.gz

Restore del backup

# gzcat /tmp/zfs_backup.gz | zfs recv -F rpool/ROOT

Clone

Se vogliamo eseguire operazioni di scrittura su una snapshot occorre effettuare un clone del dataset

# zfs snapshot rpool/home@yesterday
# zfs clone rpool/home@yesterday rpool/new_home

Per sostituire il filesystem principale col clone

# zfs promote rpool/new_home

ZFS Cifrato

Creare un dataset cifrato con password

# zfs create -o encryption=on -o keyformat=password nomepool/nomedataset

Generazione di una chiave di cifratura

# dd if=/dev/random of=/path/to/key bs=1 count=32

Creare un dataset cifrato con una chiave di cifratura

# zfs create -o encryption=on -o keyformat=raw -o keylocation=file:///directory/della/chiave nomepool/nomedataset

Controllare il percorso della chiave per nomepool/nomedataset

# zfs get keylocation nomepool/nomedataset

Cambiare il percorso della chiave

# zfs set keylocation=file:///nuova/directory/della/chiave nomepool/nomedataset

Caricare manualmente le chiavi di cifratura prima del montaggio

# zfs load-key nomepool/nomedataset # carica la chiave del determinato dataset
# zfs load-key -a # carica tutte le chiavi del filesystem

Unlock con systemd

Creare script per il caricamento delle chiavi all'avvio

  • Caricando la password dal keyfile

/etc/systemd/system/zfs-loadkey-file.service

[Unit]
Description=Load ZFS encryption keys
DefaultDependencies=no
After=zfs-import.target
Before=zfs-mount.service
[Service]
Type=oneshot
RemainAfterExit=yes
ExecStart=/usr/sbin/zfs load-key -a
StandardInput=tty-force
[Install]
WantedBy=zfs-mount.service
  • Digitando la password

/etc/systemd/system/zfs-load-key@.service

[Unit]
Description=Load %I encryption keys
Before=systemd-user-sessions.service zfs-mount.service
After=zfs-import.target
Requires=zfs-import.target
DefaultDependencies=no
[Service]
Type=oneshot
RemainAfterExit=yes
ExecStart=/bin/sh -c 'until (systemd-ask-password "Encrypted ZFS password for %I" --no-tty | zfs load-key %I); do echo "Try again!"; done'
[Install]
WantedBy=zfs-mount.service

Unlock al login

Impostare il filesystem in modalità legacy così che non sia montato automaticamente all'avvio

# zfs set mountpoint=legacy zroot/data/

Modificare il file /etc/fstab

zroot/data/         /home           zfs             rw,xattr,posixacl,noauto        0 0

Creare il seguente script: /sbin/mount-zfs-homedir

#!/bin/bash
#
set -eu
# Password is given to us via stdin, save it in a variable for later
PASS=$(cat -)
#
VOLNAME="zroot/data/home"
#
# Unlock and mount the volume
zfs load-key "$VOLNAME" <<< "$PASS" || continue
zfs mount "$VOLNAME" || true # ignore errors

Aggiungere lo script a PAM: /etc/pam.d/system-auth

auth       optional                    pam_exec.so          expose_authtok /sbin/mount-zfs-homedir

Cache

Utilizzare un moderno disco a stato solido può essere una soluzione economica per velocizzare un pool, eventualmente anche raid

# zpool add -f rpool cache /dev/sdd1
# zpool add -f rpool log /dev/sdd2

Sharing

Non è molto noto, ma ZFS ha integrati dei comandi per permettere la condivisione del filesystem con altre macchine tramite i protocolli NFS o SMB.

Premessa: occorrerà attivare il server NFS

# systemctl start nfs-server.service
# systemctl enable nfs-server.service

Condividere tramite NFS l'intero pool home

# zfs set share.nfs=on pool/home

Verificare la condivisione

# zfs get -r share.nfs pool/home
NAME             PROPERTY   VALUE  SOURCE
pool/home        share.nfs  on     local

Condividere tramite NFS la directory home dell'utente 1, 2...

# zfs create pool/home/utente1
# zfs create pool/home/utente2

Si possono specificare opzioni di montaggio per i permessi sul mount

# zfs set share.nfs.nosuid=on pool/home/utente1
# zfs set share.nfs=on pool/home/utente1

Condividere una directory con tutta la rete

# zfs share -o share.nfs=on -o share.nfs.public=on pool/public%pubshare

Condividere una directory con una parte della rete

# zfs set share.nfs='rw=@192.0.10.0/16,rw=@192.0.11.0/24' pool/public%pubshare

Disabilitare temporaneamente una condivisione

# zfs unshare pool/home/nomeshare

Rimuovere una condivisione

# zfs set share.nfs=off pool/share


Montare share

Montare il volume pool1 della macchina con IP 192.168.0.2 su /mnt/pool1

# mount -t nfs 192.168.0.2:/pool1 /mnt/pool1

Aggiungere la seguente riga al file /etc/fstab per automatizzare il montaggio

192.168.0.2:/pool1      /mnt/pool1      nfs       defaults          0          0


SWAP

Creare una partizione swap da 8 GiB

# zfs create -V 8G <pool>/swap

Formattazione della partizione

# mkswap -f /dev/zvol/<pool>/swap

Attivazione della swap

# swapon /dev/zvol/<pool>/swap

Aggiungere la swap al /etc/fstab

/dev/zvol/<pool>/swap none swap discard 0 0

Filesystem Cifrato

Esistono molti modi per cifrare volumi e file su Linux, come si può vedere da questa tabella

  • Generare una password di 32 caratteri alfanumerici con /dev/random.
cat /dev/random | tr -dc '[:alnum:]' | fold -w 32 | head -n 1

EncFS

Cifrare una directory può essere un'alternativa alla cifratura di un intera partizione come avviene invece con Cryptsetup. EncFS è un filesystem user-space montabile tramite FUSE che permette di effettuare questa operazione. Rispetto ad un filesystem loopback criptato ci sono però diversi pregi e difetti.

  • Pro
  1. Selezionare selettivamente i contenuti da cifrare, rispetto ad avere un device completamente cifrato, appesantisce meno il lavoro della CPU specialmente quando si utilizzano processori datati privi del set di istruzioni AES.
  2. Dimensioni modificabili: un file system vuoto EncFS è composto da qualche dozzina di byte e può crescere a qualsiasi dimensione senza bisogno di essere riformattato. Con un dispositivi di cifratura a blocchi, si alloca un filesystem in anticipo con le dimensioni desiderate.
  3. Possibilità di backup incrementali: Un filesystem EncFS può essere salvato con una politica per file. Un programma di backup è in grado di rilevare quali file sono cambiati, anche se non sarà in grado di decifrarli.
  4. Permette di aggiungere la crittografia a qualsiasi filesystem
  5. Lavora a livello utente, non richiede permessi di amministratore
  • Contro
  1. Non permette di cifrare l'intera installazione, ma solo i file selezionati
  2. Chi ha accesso ai file crittografati può conoscerne i meta-dati (numero di file, permessi, dimensione)
  3. EncFS sembra non sia più attivamente mantenuto. Un'alternativa molto simile potrebbe essere gocryptfs.

Montaggio automatico

Dato che non è possibile passare opzioni all'eseguibile encfs su fstab è necessario creare un wrapper, cioè uno script da rendere eseguibile (es. /home/user/encfs.sh) che vada a recuperare la password da un file (es. encfs_password), magari contenuto in una chiavetta USB anch'essa montata automaticamente all'avvio.

Wrapper

#!/bin/sh
encfs --public --extpass="cat /mnt/USB/encfs_password" $*


A questo punto è possibile aggiungere all'/etc/fstab le seguenti righe.

# Montaggio automatico della penna USB cafebabe-b00b5-deadbee all'avvio
UUID=cafebabe-b00b5-deadbeef /mnt/USB auto defaults,auto 0 0
# Richiamo del wrapper 
/home/user/encfs.sh#/home/user/.encrypted /home/user/decrypted fuse rw,user,auto 0 0


gocryptfs

Creare una directory cifrata crypt e montarla su dati

$ mkdir crypt dati
$ gocryptfs -init crypt
$ gocryptfs crypt dati

Creare una versione cifrata di una preesistente home

$ mkdir /home/user.crypt
$ gocryptfs -init -reverse /home/user
$ gocryptfs -reverse /home/user /home/user.crypt

È possibile aggiungere una linea simile alle seguente al file /etc/fstab per automatizzare il sistema di montaggio di una cartella cifrata durante il boot utilizzando un keyfile.

/home/user/cipher /home/user/plain fuse./usr/bin/gocryptfs nofail,allow_other,passfile=/tmp/password 0 0

ECryptfs

VeraCrypt

VeraCrypt (fork di TrueCrypt) è un tool opensource dotato di interfaccia grafica che permette di configurare la cifratura di volumi reali o file immagini montate in loop. Ha una funzione particolare, chiamata Hidden Volume che permette di creare un volume nascosto all'interno di un normale volume VeraCrypt al quale si può accedere con una diversa password così da evitare in caso di necessità (ricatto, fidanzata/moglie gelosa, imposizione da parte delle forze dell'ordine) di mostrare il contenuto del reale archivio cifrato.

Cryptsetup

Partizione cifrata

Volumi_criptati_LUKS

FScrypt

ZFS

RAID mdadm

Su Linux era possibile effettuare RAID via software anche prima dell'avvento di filesystem di nuova generazione come btrfs o zfs. Per fare ciò è possibile utilizzare il comando mdadm.

Vedere l'organizzazione della tabella delle partizioni dei dischi

$ lsblk
sda      8:16   0 447.1G  0 disk 
├─sda1   8:17   0   500M  0 part 
├─sda2   8:18   0    16G  0 part [SWAP]
└─sda3   8:19   0 430.6G  0 part /
                                
sdb      8:32   1   3.7G  0 disk 
├─sdb1   8:33   1   3.5G  0 part 
├─sdb2   8:34   1   239M  0 part [SWAP]
└─sdb3   8:19   0 430.6G  0 part /

Nell'esempio ci sono due dischi (sda, sdb) contenenti 3 partizioni: EFI, SWAP e Linux.

RAID 0

Creare un volume md3 che costituito dalla somma delle due partizioni sda3 e sdb3

# mdadm --create --verbose /dev/md3 --level=0 --raid-devices=2 /dev/sda3 /dev/sdb3

Verificare che il raid funzioni correttamente

# mdadm --detail /dev/md0

Utilizzare il nuovo volume md3, formattato col filesystem XFS, per una nuova installazione di Arch Linux (montandolo in /mnt)

# mkfs.xfs /dev/md3
# mount /dev/md3 /mnt/

Per memorizzare l'array nel file di configurazione

# mdadm –Es > /etc/mdadm.conf

RAID 1

Creare un volume md3 mirror delle due partizioni sda3 e sdb3

# mdadm --create /dev/md3 /dev/sda3 /dev/sdb3 --level=1 --raid-devices=2

RAID 5

Creare un volume md3 con un raid5, ovviamente stavolta occorreranno almeno 3 dischi es.: sda3, sdb3, sdc3.

Per creare tre partizioni tutte della stessa dimensione è possibile copiare su sdb e sdc la tabella delle partizioni di sda

#  sfdisk -d /dev/sda | sfdisk /dev/sdb
#  sfdisk -d /dev/sda | sfdisk /dev/sdc

Creare l'array in raid5

# mdadm --create /dev/md/md3 /dev/sda1 /dev/sdb1 /dev/sdc1 --level=5 --raid-devices=3 --bitmap=internal

Modificare l'array

È possibile passare da raid1 a raid5

# mdadm --grow /dev/md3 --level=5
# mdadm --grow /dev/md3 --add /dev/sdc3 --raid-devices=3

Accorgersi di un guasto

Nei raid 1 e 5 in caso di danneggiamento di un disco sarà possibile sostituirlo e ricostruire l'array senza perdere dati. Nell'ipotesi di avere un guasto su sdb in un raid1 comparirà qualcosa di simile a questo eseguendo cat /proc/mdstat

md3 : active raid1 sda3[1]
blocks [2/2] [U_] 

invece che

md3 : active raid1 sda3[1] sdb3[0]
     262016 blocks [2/2] [UU]

Rimuovere il disco danneggiato dal RAID

Si dovrà marcare sdb3 come danneggiata e andrà rimossa dall'array.

# mdadm --manage /dev/md3 --fail /dev/sdb3
# mdadm --manage /dev/md3 --remove /dev/sdb3

Se avessimo più array (es. md1, md2...) contenenti partizioni del disco sdb (sdb1, sdb2...), l'operazione andrebbe ripetuta per ciascuno di essi es.:

# mdadm --manage /dev/md1 --fail /dev/sdb1
# mdadm --manage /dev/md1 --remove /dev/sdb1
#  cat /proc/mdstat
Personalities : [linear] [multipath] [raid0] [raid1] [raid5] [raid4] [raid6] [raid10]
md0 : active raid1 sda3[0]
24418688 blocks [2/1] [U_]
unused devices: <none>

Sostituzione del disco danneggiato

Spegnere il computer, rimuovere il disco guasto e collegarne al suo posto uno funzionante.

NB: il nuovo disco dovrà essere di dimensioni uguali o maggiori del disco sostituito

Installato il nuovo disco, riaccendere il PC, loggarsi come root e ricreare sul nuovo sdb le stesse partizioni presenti su sda:

# sfdisk -d /dev/sda | sfdisk /dev/sdb
# fdisk -l (per controllare che le partizioni siano uguali)

Ripristino del RAID 1

Aggiungere /dev/sdb3 a /dev/md3

# mdadm --manage /dev/md3 --add /dev/sdb3

Se avessimo più array (es. md1, md2...) contenenti partizioni del disco sdb (sdb1, sdb2...), l'operazione andrebbe ripetuta per ciascuno di essi es.:

 # mdadm --manage /dev/md1 --add /dev/sdb1

Controllare che tutto sia andato a buon fine

# cat /proc/mdstat

LVM

Il Logical Volume Manager (LVM o gestore logico dei volumi) è un software per la gestione dei dischi che permette di superare le limitazioni legate al normale partizionamento di questi ultimi. Si tratta di una specie di strato che si va a frapporre tra il dispositivo fisico ed il filesystem. Permette di gestire dinamicamente aggiunta, rimozione o ridimensionamento dello spazio di archiviazione, il RAID, nonché lo snapshot dei volumi.

LVM è un prodotto oltremodo maturo, disponibile per Linux sin dal kernel 2.4, per questa ragione distribuzioni orientate al mercato aziendale come RedHat lo hanno scelto, accoppiandolo a XFS o ext4, come soluzione predefinita per implementare la maggior parte delle caratteristiche fornite dai moderni filesystem come BTRFS o ZFS

LVM si basa sui seguenti concetti

  • Physical Volumes (PV): rappresentano qualsiasi disco si voglia inizializzare ("formattare") come sottosistema LVM
# pvcreate /dev/sda1
# pvcreate /dev/sdb3
# pvcreate /dev/sdc
# pvdisplay
  • Volume Groups (VG): sono costituiti da physical volumes e rappresentano la capacità totale delle risorse di un LVM
# vgcreate vg0 /dev/sda1 /dev/sdb3 /dev/sdc
# vgdisplay vg0
  • Logical Volumes (LV): utilizzano le risorse messe a disposizione dai volume groups. Possono essere inizializzati anche con proprietà di RAID o cache.
# lvcreate -L 10G -n home vg0
# lvdisplay /dev/vg0/home

Oppure nel caso volessimo fare un raid5

# lvcreate -n lvr5 –type raid5 -L 10G -i 3 vg0

-n nome del volume
–type raid5 tipo di raid
-L dimensione massima della grandezza del raid
-i numero dei physical volumes che si vogliono utilizzare

Per formattare il volume logico appena creato

# mkfs -t ext4 /dev/vg0/lvr5

Per aggiungere un disco ad un Volume Groups

# vgextend vg0 /dev/sdb2


Snapshot

Creare uno snapshot della del volume logico /home che potrà contenere fino ad un massimo di 5 GiB di dati modificati rispetto all'originale

# lvcreate --size 5G --snapshot --name homesnap20230306 /dev/vg0/home

Ripristinare il volume logico ricaricando lo snapshot

# lvconvert --merge /dev/vg0/homesnap20230306

Nel caso il logical volume sia attivo il merging avverrà col prossimo riavvio e lo snapshot sparirà.

Cache

Utilizzare un moderno disco a stato solido può essere una soluzione economica per velocizzare un LV.

Convertire il disco a PV ed aggiungerlo al preesistente VG

# pvcreate /dev/discoSSD
# vgextend vg0 /dev/discoSSD

Aggiungere la cache al LV

# lvcreate --type cache --cachemode writethrough -l 100%FREE -n root_cachepool vg0/home /dev/discoSSD

Rimuovere la cache dal LV

# lvconvert --uncache vg0/home

GRUB (Boot loader)

È possibile scegliere tra più bootloader: GRUB, Lilo, Syslinux o addirittura il bootloader integrato del systemd (systemd-boot). Ma dato che GRUB è utilizzabile pressoché in ogni circostanza: schede madri BIOS, UEFI; Secure Boot, hard disk, floppy, CD-ROM... in questa guida mi limiterò alla sua configurazione, tralasciando le alternative.

Sistema con BIOS

# pacman -S grub
# grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
# grub-install /dev/sda

Sistema UEFI

NB: per installare correttamente GRUB su un sistema UEFI occorre che il device di installazione abbia effettuato il boot in modalità UEFI e non Legacy (BIOS)

# pacman -S grub
# mkdir /boot/EFI
# mount /dev/sda1 /boot/EFI
# grub-install /dev/sda
# grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg

Gestione snapshot BTRFS

Manuale

Editare /etc/grub.d/40_custom (o crearlo) e aggiungere quanto segue per permettere l'avvio della snapshot rootsnap

menuentry 'Linux snapshot' {
       insmod gzio
       insmod part_gpt
       insmod btrfs
       set root='hd1,gpt3'
       linux   /rootsnap/boot/vmlinuz-linux root=/dev/partizione rw rootflags=subvol=rootsnap  quiet
       initrd  /rootsnap/boot/initramfs-linux.img
}

dopodichè aggiornare la configurazione di GRUB con

# grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg

Automatico

Per facilitare la gestione lei sottovolumi e delle snapshot del BTRFS Arch offre il pacchetto grub-btrfs, la sua installazione provvederà ad aggiungere tutti i sottovolumi contenenti un sistema Linux al menu di grub.

# pacman -S grub-btrfs

Ogni volta che si vorrà aggiornare grub con nuovi subvolumi basterà dare il seguente comando

# grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg

Ripristinare GRUB

Aggiornando la propria distribuzione Linux, il proprio boot loader o installando un altro sistema operativo (es. Windows) può capitare di sovrascrivere il MBR.

Avviare il computer con un liveCD/DVD o USB:

Ipotizziamo di avere una partizione / chiamata /dev/sda2 e nessuna /boot

Creiamo i seguenti mount point

# sudo su
# cd /mnt
# mkdir sda2
# mount /dev/sda2 /mnt/sda2

Se utilizziamo una scheda madre UEFI andrà montata anche la partizione efi (solitamente è la prima partizione del disco sda1)

# mount /dev/sda2 /mnt/sda2/boot/efi

Se necessario editiamo il file di configurazione di grub

 # nano /mnt/sda2/boot/grub/grub.cfg

arch-chroot

Se stiamo utilizzando un sistema basato su Arch Linux, utilizzando l'utility arch-chroot presente nel pacchetto arch-install-scripts potremo automatizzare il processo di chroot con un solo comando

# arch-chroot /mnt/sda2

Manuale

# mount --rbind /dev /mnt/sda2/dev
# mount -t proc /proc /mnt/sda2/proc
# mount -t sysfs /sys /mnt/sda2/sys/

Eseguiamo il vero e proprio chroot in /dev/sda2

# chroot /mnt/sda2

Reinstallazione

# grub-mkconfig -o /boot/grub/grub.cfg
# grub-install /dev/sda

Riavvio del sistema

Usciamo dal chroot, smontiamo la partizione e riavviamo il sistema

# exit
# umount /mnt/sda1/proc
# umount /mnt/sda1/dev
# umount /mnt/sda1
# systemctl reboot

Eliminare il boot loader

In caso di errori nell'installazione di GRUB è possibile cancellare il vecchio boot loader di un disco (devicename = sda,sdb,sdc...)

# dd if=/dev/zero of=/dev/devicename bs=446 count=1

ISOBoot

Con GRUB2 è possibile effettuare il boot di iso di LiveCD/USB Linux presenti sul disco aggiungendole su /etc/grub.d/40_custom

  • Ubuntu 23.04
menuentry "Ubuntu 23.04 desktop ISO" {
       insmod part_gpt
       insmod ext2
       insmod btrfs
       rmmod tpm
    # es.: terza partizione del primo disco
       set root=(hd0,gpt3)
       set isofile="/home/<username>/Downloads/ubuntu-23.04-desktop-amd64.iso"
       loopback loop $isofile
       linux (loop)/casper/vmlinuz boot=casper iso-scan/filename=$isofile quiet splash
       initrd (loop)/casper/initrd
}

Networking

Manuale

net-tools

Storica serie di utility per gestire le interface di rete, presente da decenni nell'installazione base della maggior parte delle distribuzioni Linux, ma attualmente considerata obsoleta. Tra i suoi comandi principali: arp, hostname, ifconfig, iptunnel netstat e route.

Attivare l'interfaccia di rete eth0 ed assegnarle l'indirizzo ip 192.168.0.2

# ifconfig eth0 192.168.0.2 up

Disattivare l'interfaccia di rete eth0

# ifconfig eth0 down

Assegnare manualmente un gateway (es.: 192.168.0.1) alla rete

# route add default gw 192.168.0.1

Ovviamente occorrerà aggiungere un server DNS al file /etc/resolv.conf per la risoluzione degli indirizzi.

iproute2

Conversione comandi da net-tools a iproute2
net-tools iproute2 Note
ifconfig ip addr, ip link Address and link configuration
route ip route Routing tables
arp ip neigh Neighbors
iptunnel ip tunnel Tunnels
nameif, ifrename ip link set name Rename network interfaces
ipmaddr ip maddr Multicast
netstat ss, ip route Show various networking statistics
brctl bridge Handle bridge addresses and devices

Elencare gli indirizzi IP:

# ip addr

Mostra le informazioni di una specifica interfaccia di rete

# ip addr show eth0

Aggiungere un indirizzo all'interfaccia eth0:

# ip addr add 192.0.2.10/24 dev eth0

Cancellare un indirizzo associato all'interfaccia eth0:

# ip addr delete 192.0.2.10/24 dev eth0

Attivare l'interfaccia eth0:

# ip link set dev eth0 up

Disattivare l'interfaccia eth0:

# ip link set dev eth0 down

Svuotare la cache arp per tutte le interfacce:

# ip neigh flush all

Aggiungere una rotta che passa per gateway 192.0.2.1

# ip route add default via 192.0.2.1

Aggiungere una rotta che passa per gateway 192.168.2.1 per l'interfaccia 10.0.2.0

# ip route add 10.0.2.1/24 via 192.168.0.1 dev enp0s3

Aggiungere una rotta che passa per gateway 192.168.2.1 per l'interfaccia 10.0.2.0

# ip route del 10.0.2.0/24 via 192.168.0.1 dev enp0s3 

Mostrare la tabella di routing

# ip route show

Systemd-networkd

systemd-networkd è un demone, parte di systemd, che gestisce la configurazione della rete.

Esempi di configurazione

Per prima cosa sarà necessario abilitare il servizio

# systemctl enable --now systemd-networkd.service
# systemctl enable --now systemd-resolved.service
# ln -rsf /run/systemd/resolve/stub-resolv.conf /etc/resolv.conf

DHCP

/etc/systemd/network/20-wired.network

[Match]
Name=enp1s0
[Network]
DHCP=yes

IP statico

/etc/systemd/network/20-wired.network

[Match]
Name=enp1s0
[Network]
Address=10.1.10.9/24
Gateway=10.1.10.1
DNS=10.1.10.1

Wireless adapter

Per potersi connettere a connessioni WIFI è necessario installare e configurare un'ulteriore applicazione dedicata come iwd o wpa_supplicant per l'autenticazione alla rete.

/etc/systemd/network/25-wireless.network

[Match]
Name=wlp2s0
[Network]
DHCP=yes
IgnoreCarrierLoss=3s


Rinominare l'interfaccia di rete

Invece che impostare una regola su udev è possibile usare un file di testo .link nel seguente modo

/etc/systemd/network/10-ethusb0.link

[Match]
MACAddress=12:34:56:78:90:ab
[Link]
Description=USB to Ethernet Adapter
Name=ethusb0

Wifi

Programmi WEXT nl80211 WEP WPA
wireless_tools No No
iw No No
wpa_supplicant No
iwd/iwgtk No No

NetworkManager

NetworkManager è una utility che si è imposta come standard per la configurazione della reti Linux (LAN e Wifi)

Si compone di un demone, un'interfaccia da riga di comando (nmcli) ed un'interfaccia di configurazione basata su un menu testuale (nmtui).

I principali desktop enviroment come GNOME e KDE Plasma possiedono una utility grafica che consente loro di configurare graficamente le reti basandosi su NetworkManager.

Installazione

# pacman -S networkmanager 
# systemctl enable NetworkManager
# systemctl start NetworkManager

Configurazione

  • Menu di configurazione: qualora si utilizzi un sistema privo di interfaccia grafica e si desideri configurare una rete wifi si consiglia caldamente l'utilizzo dell'applicazione nmtui
  • Per chi dovesse prediligere la configurazione manuale: nmcli
  • Per impedire a Network Manager di gestire una certa interfaccia di rete è sufficiente aggiungere il suo MAC Address al file di configurazione /etc/NetworkManager/NetworkManager.conf
[main]
plugins=keyfile
[keyfile]
unmanaged-devices=mac:00:25:21:73:90:72

Alternative

Condividere la connessione

Abilitazione del forwarding dei pacchetti

$ sudo echo 1 > /proc/sys/net/ipv4/ip_forward

Per rendere il forwarding definitivo editare il file /etc/sysctl.conf modificando come segue il parametro net.ipv4.ip_forward:

net.ipv4.ip_forward = 1


Mascheramento dei pacchetti

$ sudo iptables -t nat -A POSTROUTING -o eth0 -j MASQUERADE

eth0 non è un parametro fisso, identifica l'interfaccia con la quale il PC si connette ad Internet

Per applicare automaticamente tale regola ad ogni riavvio

# iptables-save > /etc/iptables.ipv4.nat
# iptables-restore < /etc/iptables.ipv4.nat

Moduli kernel

Assicurarsi che siano caricati i seguenti moduli:

# modprobe ip_tables
# modprobe ip_conntrack
# modprobe iptable_nat
# modprobe ipt_MASQUERADE

Condivisione tramite rete ethernet

Configurazione scheda di rete interna

Assegnare un IP statico alla scheda ethernet con la quale si vuol condividere la connessione.

# ifconfig eth1 192.168.5.1 netmask 255.255.255.0 up

Per rendere tale configurazione permanente sarà necessario editare il file /etc/network/interfaces ed aggiungere la seguente configurazione

auto eth1
iface eth1 inet static
address 192.168.5.1
netmask 255.255.255.0

Condivisione tramite rete WI-FI

Configurazione scheda wireless

Se non si desidera cifrare la rete e proteggerla con una password sarà sufficiente eseguire questi comandi.

# iwconfig wlan0 mode Master
# iwconfig wlan0 ESSID ReteGOLEM
# iwconfig wlan0 enc off
# ifconfig wlan0 192.168.5.1 netmask 255.255.255.0 up

Per rendere tale configurazione permanente sarà necessario editare il file /etc/network/interfaces ed aggiungere la seguente configurazione

iface wlan0 inet loopback
address 192.168.5.1
netmask 255.255.255.0
Proteggere la connessione WI-FI

Installare il programma hostapd

# pacman -S hostapd

Configurare hostapd modificando /etc/hostapd/hostapd.conf

# Interfaccia di rete
interface=wlan0
# Driver della scheda wifi usata (non tutte le schede sono supportate)
driver=nl80211
# Nome della rete (SSID)
ssid=ReteGOLEM
hw_mode=g
# Canale di trasmissione
channel=6
macaddr_acl=0
# Righe per la protezione
auth_algs=1
ignore_broadcast_ssid=0
wpa=2
# Password del wifi
wpa_passphrase=password
wpa_key_mgmt=WPA-PSK
wpa_pairwise=TKIP
rsn_pairwise=CCMP

Editare il file /etc/default/hostapd per impostare hostapd.conf come file di configurazione predefinito, modificando la riga DAEMON_CONF="":

DAEMON_CONF="/etc/hostapd/hostapd.conf"

Assegnazione automatica degli IP ai client

# pacman -S dhcp

Editare /etc/dhcpd.conf aggiungendo la configurazione per la rete interna (es.: eth1 o wlan0):

subnet 192.168.5.0 netmask 255.255.255.0 {
range 192.168.5.100  192.168.5.200;
option domain-name-servers 8.8.8.8;
}


VPN

OpenVPN

https://wiki.archlinux.org/title/OpenVPN

L2TP/IPsec VPN

https://wiki.archlinux.org/title/Openswan_L2TP/IPsec_VPN_client_setup

Container

Toolbox

Toolbox è un tool che permette di creare ed utilizzare container che si integrano col sistema host accedendo ad ogni sua risorsa: directory home dell'utente, X11/Wayland, networking, periferiche esterne. Tutto senza dover mettere mano a nessun file di configurazione. È il modo più semplice per di integrare più distribuzioni all'interno di una stessa macchina Linux.

Immagini

Comandi

Creare un container

$ toolbox create -i quay.io/toolbx-images/rhel-toolbox:9.1 -c redhat

Entrare in un container

$ toolbox enter redhat

Fermare un container

$ podman stop nome_macchina

Rimuovere un container

$ toolbox rm -f redhat

Rimuovere un container e la sua immagine

$ toolbox rmi redhat 

Esaminare la lista dei container e delle immagini disponibili

$ toolbox list 

Permettere agli utenti non root di utilizzare i container

$ sudo sh -c 'echo "username:100000:65536" >> /etc/subuid'
$ sudo sh -c 'echo "username:100000:65536" >> /etc/subgid'

Abilitare l'host al forwarding di X11 per le applicazioni che richiedono Xorg

# xhost +

Eseguire un comandi all'interno di un container

$ toolbox run -c redhat libreoffice

LXC

Linux Container (LXC) permette di virtualizzare uno o più container Linux su un singolo host LXC, gestendone virtualmente RAM, CPU, socket e rete.

È estremamente utile quando si ha bisogno di isolare dei servizi dal sistema host: es.: server web, imap, smtp...

Installazione

Installare LXC

# pacman -S lxc lxc-templates lxcfs lxd

Comandi

Lista dei container installati

lxc-ls -f 

Installare un container scegliendo l'immagine dalla lista di quelli disponibili

lxc-create -n playtime -t download

Se sapete già di quale container avete bisogno sarà possibile scaricarlo direttamente

lxc-create -n playtime -t download -- --dist archlinux --release current --arch amd64

Far partire il container chiamato debian

lxc-start debian 

Entrare dentro il container chiamato debian

lxc-attach debian

Fermare l'esecuzione del container chiamato debian

lxc-stop debian

Rimuovere il container chiamato debian

lxc-destroy debian 

Eseguire un comando dentro il container chiamato debian

lxc-attach --name debian nano

Rete Bridge

Nel caso si debbano usare servizi da tenere esposti su Internet potrebbe essere conveniente utilizzare una rete bridge piuttosto che NAT.

Configurazione rete bridge.


Docker

Abilitare ed avviare docker

# systemctl enable --now docker

Cercare il container desiderato

# docker search "xxx"

Scaricare l'immagine desiderata

# docker pull xxxx:latest

Visualizzare le immagini scaricate

# docker images

Visualizzare i docker creati

# docker ps -a

Avviare docker

# docker start nome_docker

Entrare nel docker

# docker attach nome_docker

Copiare un file dal sistema host al docker

# docker cp esempio.txt nome_docker: /esempio.txt

Copiare un file dal docker.

# docker cp container-id:/path/filename.txt ~/Desktop/filename.txt

Rimuovere un docker

# docker rm nome_docker

Rimuovere tutti i docker

# docker container stop $(docker container ls -aq)
# docker system prune -a --volumes

Avviare automaticamente un docker (da testare)

# docker run --restart=always --name nome_docker

Creare script di avvio docker-webserver.service

[Unit]
Description=Some service
Requires=docker.service
After=docker.service
[Service]
Restart=always
ExecStart=/usr/bin/docker start -a container_name
ExecStop=/usr/bin/docker stop -t 2 container_name
[Install]
WantedBy=multi-user.target

systemd-nspawn

Fonti software alternative

Nella rara eventualità che si necessiti di un programma non presente né nei repository ufficiali, né su AUR è possibile optare per una delle seguenti opzioni.

AppImage

Scaricate qualsiasi pacchetto disponibile su appimage.github.io e rendetelo eseguibile.

$ chmod a+x nomeprogramma.AppImage

Non resta che eseguirlo col seguente comando o con un doppio click

$ ./nomeprogramma.AppImage


Flatpak

Concepito per essere una sorta di Google Play Store per GNOME, è possibile installare programmi provenienti da flatpak utilizzando i normali gestori grafici di pacchetti basati su packagekit come Gnome Software o Discover di Plasma.

Installazione

# pacman -S flatpak

Abilitazione del repository ufficiale del progetto (software di terze parti potrebbe richiedere di aggiungere altri repository)

# flatpak remote-add --if-not-exists flathub https://flathub.org/repo/flathub.flatpakrepo

Elenca i repository disponibili.

$ flatpak remotes

Installa un'applicazione (es.: libreoffice)

$ flatpak install flathub org.libreoffice.LibreOffice

Esegue un'applicazione (es.: libreoffice)

$ flatpak run org.libreoffice.LibreOffice

Disinstalla un'applicazione mantenendo i dati.

$ flatpak uninstall <nome app>

Disinstalla un'applicazione eliminando i dati (nella home utente .var/app/).

$ flatpak uninstall <nome app> --delete-data

Elimina i dati di tutte le applicazioni disinstallate (nella home utente .var/app/).

$ flatpak uninstall --delete-data

Disinstalla tutte le applicazioni flatpak installate sul sistema.

$ flatpak uninstall --all

Cerca ed esegue aggiornamenti per le applicazioni installate.

$ flatpak update

Aggiorna una singola applicazione.

$ flatpak update <nome app>

Elenca tutte le applicazioni flatpak installate sul sistema.

$ flatpak list --app

Elenca i runtime installati.

$ flatpak list --runtime

Visualizzare le informazioni sulle applicazioni in esecuzione.

$ flatpak ps

Termina un'applicazione bloccata o danneggiata (l'ID dell'istanza si può ottenere dal comando precedente).

$ flatpak kill <id istanza>

Tenta la riparare dei pacchetti danneggiati. Necessita dei privilegi di amministrazione.

$ flatpak repair

Nix

Nix package manager è il gestore di pacchetti utilizzato su NixOS. È possibile però utilizzarlo su qualsiasi distribuzione Linux affiancandone il gestore di pacchetti predefinito.

Nix analizza le istruzioni di compilazione (riproducibili) specificate in un file secondo il suo linguaggio di espressione, i risultati di questa compilazione sono archiviati secondo indirizzi univoci identificati da un hash e completi del loro intero albero delle dipendenze. Si crea così un archivio immutabile di pacchetti che consente aggiornamenti atomici, rollback e installazione simultanea di diverse versioni di un pacchetto.

Guida completa

Installazione

Guida ufficiale

Single-user installation

$ sudo install -d -m755 -o $(id -u) -g $(id -g) /nix
$ sh <(curl -L https://nixos.org/nix/install) --no-daemon

Aggiungere la riga seguente al .bashrc o al file di configurazione della vostra shell per poter utilizzare i comandi Nix

$ source $HOME/.nix-profile/etc/profile.d/nix.sh

Canali

Il software è distribuito attraverso in repository chiamati canali nei quali può essere disponibile in forma già precompilata binary cache o come sorgente da compilare. Questi canali determinano la versione dei pacchetti disponibili categorizzandoli nei rami stabile ed instabile.

Ecco di seguito i comandi principali per gestire questi canali

Lista dei canali configurati

$ nix-channel --list

Aggiungere il canale principale (nixos)

$ nix-channel --add https://nixos.org/channels/channel-name nixos

Aggiungere altri canali

$ nix-channel --add https://some.channel/url my-alias

Rimuovere un canale

$ nix-channel --remove channel-alias

Aggiornare un canale

$ nix-channel --update channel-alias

Aggiornare tutti i canali

$ nix-channel --update

Comandi

Cercare un pacchetto

$ nix search nixpkgs packagename

Installare un pacchetto

$ nix-env -iA packagename

Vedere i pacchetti installati

$ nix-env -q

Disinstallare un pacchetto

$ nix-env -e packagename

Aggiornare tutti i pacchetti

$ nix-env -u

Snap

È gestore di pacchetti ed un formato per la distribuzione di software ideato da Canonical Ltd. per Ubuntu, ma che adesso può essere utilizzato anche su altre distribuzioni. Consente di installare un'applicazione completa di tutte le sue librerie isolandola dal resto del sistema operativo. Si evitano così possibili conflitti tra applicazioni, permettendo la coesistenza di più versioni di uno stesso programma o libreria.

Su Arch è disponibile su AUR: snapd

Installazione

Installare ed abilitare Snap

$ yay -S snapd
$ sudo ln -s /var/lib/snapd/snap /snap
$ sudo systemctl start snapd.service
$ sudo systemctl enable snapd.service

Comandi

Cercare un programma

$ snap find nomeprogramma

Installare un programma

$ sudo snap install nomeprogramma

Rimuovere un programma

$ sudo snap remove nomeprogramma

Vedere i programmi installati

$ snap list

Rimuovere una determinata versione di un programma

$ sudo snap remove nomeprogramma --revision

Aggiornare manualmente i pacchetti snap

$ sudo snap refresh

GPG

GNU Privacy Guard (GnuPG o GPG) è un programma libero pensato per fornire un'alternativa opensource al Pretty Good Privacy (PGP). Nel PGP sono usate sia la crittografia asimmetrica (a chiave pubblica) che quella simmetrica. La chiave pubblica del destinatario serve al mittente unicamente per cifrare la chiave comune per un algoritmo di crittografia simmetrica che sarà usata per cifrare il testo in chiaro del messaggio. Un destinatario decifra un messaggio protetto da GPG usando la chiave di sessione con l'algoritmo simmetrico. Tale chiave di sessione è inclusa nel messaggio in maniera criptata ed è decifrata usando la chiave privata del destinatario. L'utilizzo di due cifrature oltre che a velocizzare l'esecuzione del programma (la cifratura a chiave simmetrica è molto più veloce di quella asimmetrica) permette di poter cifrare uno stesso messaggio per più destinatari.

Generare una chiave

$ gpg --gen-key

Controllare che la chiave sia stata correttamente creata

$ gpg --list-keys

Certificato di revoca

Il certificato di revoca serve per invalidare la chiave nel caso in cui questa venga compromessa. Chiunque sia in possesso del certificato di revoca può revocare la chiave corrispondente, per cui è bene tenerlo in un posto sicuro. Poiché, nel momento in cui si ha bisogno del certificato di revoca, potremmo non essere più in grado di generarlo, conviene generarlo subito dopo la creazione della chiave, e prima di iniziare a utilizzarla pubblicamente.

$ gpg --output certificato-di-revoca.asc --gen-revoke ID

dove ID è dato dalle ultime 8 cifre dell'impronta (fingerprint) della chiave.

Utilizzo pratico

Criptare un documento

$ gpg -o file1.ext.gpg -e -r UserID file1.ext

Esempio:

$ gpg -o tesi.odt.gpg -e -r spookyh@gmail.com tesi.odt

Decriptare un documento

$ gpg -o file1.ext -d file1.gpg

Firmare un documento

Il mittente può usare PGP per firmare un messaggio con l'algoritmo di firma RSA o Digital Signature Algorithm (DSA). Per fare ciò viene calcolato un hash (message digest) dal testo in chiaro e successivamente da questo hash è creata la firma digitale usando la chiave privata del mittente.

$ gpg -o file1.ext.sig -s file1.ext

Verificare un documento

$ gpg --verify file1.sig

Importare ed esportare chiavi (locali)

Importare una chiave (pubblica)

$ gpg --import chiave.asc (o .txt)

Esportare la propria chiave pubblica

$ gpg -a -o chiave_pubblica.asc --export

Esportare la propria chiave privata

Golem-template-note-attention.png La chiave privata può essere utilizzata per impersonare la vostra identità, NON inviarla mai a nessuno, ed esportala solo per effettuarne backup, naturalmente da custodire in un luogo sicuro.


$ gpg --armor --export-secret-keys <ID> > secret-key.gpg.asc

Condividere le chiavi pubbliche

Inviare la chiave ad un keyserver:

$ gpg --keyserver keyserver.linux.it --send-key <ID>

Importare una chiave da un keyserver:

$ gpg --keyserver keyserver.linux.it --recv-keys <ID>

Se ci fidiamo del proprietario e vogliamo mostrare pubblicamente la nostra fiducia, possiamo firmare la chiave appena importata e esportare la firma su un keyserver (vedere sezioni successive).

Keyserver

Quando si carica una chiave su un keyserver, poi questo la condivide con gli altri keyserver che fanno parte dello stesso circuito. Non esiste un'entità centralizzata o un circuito di riferimento (per scelta di design), e, a volte, questo può generare confusione nell'utilizzatore. Inoltre, alcuni keyserver potrebbero non essere sempre accessibili.

Tra i keyserver più noti:

  • keys.openpgp.org
  • keyserver.ubuntu.com
  • keys.gnupg.net
  • pgp.surfnet.nl
  • pgp.circl.lu
  • pgp.mit.edu

Editare una chiave

Per fare operazioni e modifiche dobbiamo "editare" le chiavi, aprendo l'editor interattivo:

$ gpg --edit-key <ID>

NB: Prima di uscire dall'editor, ricordarsi di salvare, altrimenti le modifiche vanno perdute

  • firmare
> sign
  • cambiare i valori di fiducia
> trust
  • vedere la fingerprint
> fpr
  • cambiare la data di scadenza
> expire
  • cambiare la password
> passwd
  • firmare localmente in modo non esportabile
> lsign
  • sempre ricordarsi di salvare
> save
  • oppure uscire
> quit

Digitare help per una lista esaustiva.

Tutte le modifiche da rendere pubbliche vanno inviate ad un keyserver.

Revocare una chiave

Avendo già il certificato di revoca:

$ gpg --import certificato-di-revoca.asc
$ gpg --keyserver pgp.surfnet.nl --send-key ID

Gestione delle chiavi

Controllare il database delle chiavi: questo comando mostra tutte le chiavi che abbiamo con molte informazioni.

$ gpg --list-keys --with-colons

Fornisce tutti i valori di fiducia assegnati alle varie chiavi. (Informazioni private)

$ gpg --list-ownertrust

Controllo firme

$ gpg --check-sigs
$ gpg --list-sigs

Esportare le chiavi altrui

Abbiamo importato e firmato la chiave di <ID>.

Rimandiamola al proprietario:

$ gpg --armor -export -o firma.sig <ID>

Questo comando crea un file di nome firma.sig nella directory corrente, che contiene la chiave firmata. Spedire al proprietario firma.sig.

Chi riceve la propria chiave firmata da altri può decidere inserirla nel proprio portachiavi, con

$ gpg --import firma.sig

Si aggiungono al portachiavi le nuove firme ma anche i nuovi ID che il mittente ha sulla sua chiave, col rispettivo valore di fiducia. Firmare le chiavi degli altri implica dar loro fiducia, e, spesso, anche aver verificato la loro identità in maniera sicura. Se non ci fidiamo, non firmiamo. Se si firmano a caso tutte le chiavi che capitano a tiro, si perde la reputazione che si ha presso gli altri partecipanti della rete. Se vogliamo fare un uso pubblico di questa fiducia reciproca possiamo mandare la nostra chiave, contenente la nuova firma, al keyserver:

$ gpg --keyserver pgp.circl.lu --send-key <ID mia chiave>

Periodicamente occorre aggiornare il proprio portachiavi digitale, così da venire a conoscenza delle modifiche sulle chiavi degli altri.

$ gpg --keyserver pgp.circl.lu --refresh-keys

Rete di fiducia

Una chiave importata può essere firmata con un certo grado di fiducia. Possiamo rispedirla al proprietario o caricare la firma su un keyserver, e se lui la importa nel suo portachiavi, avrà la propria chiave firmata da noi. Ognuno può quindi aggiungere le firme dei conoscenti alla propria chiave, che a loro volta hanno firme di altri.

GUI

Esistono vari programmi a interfaccia grafica:

  • Seahorse, per gestire le chiavi e i certificati, comprese quelle ssh, per un ambiente GTK
  • KGPG, per gestire le chiavi e i certificati, comprese quelle ssh, per un ambiente QT
  • Pinentry (anche da riga di comando) si ricorda la password della chiave per il tempo impostato (default 5 minuti)

Systemd

systemd-timesyncd — system time synchronization across the network;
systemd/Journal — system logging
systemd/Timers — alternative to cron

Link Utili

ArchWiki

Appunti Linux

LFS-BOOK